L’account dell’uomo era inserito all’interno di diverse mailing list risultate destinatarie di numerose e-mail contenenti file pedopornografici nonché link a spazi virtuali sui quali erano caricate immagini raffiguranti anche bambini molto piccoli coinvolte in atti sessuali.
L’attenzione degli investigatori si è quindi focalizzata sull’individuazione degli altri account presente all’interno delle mailing list: sono stati analizzati oltre 380 indirizzi di posta elettronica e sarebbe emersa una di rete transizionale, piuttosto consolidata e strutturata, nata per favorire lo scambio di materiale pedopornografico.
Grazie anche alla sollecita collaborazione dei Provider, sono stati estrapolati i dati di diversi account: la maggior parte di essi sarebbero riconducibili a paesi europei ed extraeuropei e, ai fini del prosieguo dell’attività di indagine, sono stati comunicati ai rispettivi organi di Polizia esteri.
Tra questi, però, sarebbero stati identificati anche 3 utenti italiani per i quali gli investigatori veneti hanno richiesto e ottenuto dalle Procure della Repubblica di Torino, Lecce e Venezia i decreti di perquisizione locale e informatica, eseguiti nei giorni scorsi dalla Polizia postale di Taranto e dai Compartimenti di Polizia Postale e delle Comunicazioni di Torino e Reggio Calabria.
In particolare due di essi, residenti in parti opposte del territorio italiano, avrebbero avviato una fitta corrispondenza finalizzata allo scambio di materiale pedopornografico, quantificato in circa 900 video e 30mila immagini per un totale di quasi 32 GB, raffigurante scene di sesso tra minori e adulti.
In alcuni casi i soggetti coinvolti appaiono infami o minori degli anni 10. Sono in corso attività di indagine volte alla individuazione di altri account coinvolti in tale vicenda nonché di eventuali utenti italiani.