Giovedì prossimo nuova udienza, al Tribunale di Palmi, per il processo al giornalista Agostino Pantano che risponde dell’accusa di ricettazione.
Il dibattimento, incentrato sull’inchiesta giornalistica con cui nel 2010 il cronista raccontò le motivazioni dello scioglimento per mafia del consiglio comunale di Taurianova, in Calabria, si arricchirà quindi con la prevista escussione di Rocco Biasi, attuale assessore provinciale di Reggio Calabria, che verrà ascoltato quale teste della Procura.
Il giudizio intentato contro il giornalista Pantano, iniziato nell’aprile del 2015, continua ad essere uno dei casi più controversi del lungo elenco di bavagli alla stampa italiana per via giudiziaria.
In primo luogo perché quello in corso è il secondo processo che il cronista subisce per la stessa inchiesta giornalistica, dopo una prima archiviazione disposta – nel 2011 – dal Gip di Cosenza che era chiamato a pronunciarsi sull’ipotesi della diffamazione; poi perché la condotta di Pantano, che un giudice ha già definito in un’ordinanza frutto «dell’esercizio del diritto di cronaca» del giornalista, rischia di essere sanzionata con una condanna fino a 8 anni di carcere; ed infine perché la censura che il processo vorrebbe imporre va a colpire la libera informazione impegnata contro la criminalità mafiosa e la malapolitica, con la Procura di Palmi che considera secretato e quindi ricettato il documento da cui il giornalista ha tratto le sue informazioni per la stesura dell’inchiesta pubblicata su 12 numeri del quotidiano Calabria Ora.
La particolarissima gravita della vicenda giudiziaria è stata denunciata più volte dai vertici della Fnsi, a partire dal segretario nazionale aggiunto Carlo Parisi – che per primo ha sollevato il caso parlando di «assurdo bavaglio» – e dal presidente Beppe Giulietti, che fra l’altro ha sottolineato la gravità del fatto che «in Italia si possa processare due volte un cronista che, secondo il giudice, ha rispettato le regole giornalistiche».
Prese di posizione molto determinate che, citate anche in due interrogazioni parlamentari presentate in tempi diversi dalla senatrice lombarda Lucrezia Ricchiuti e dal senatore calabrese Francesco Molinari, componenti della Commissione bicamerale antimafia, hanno ispirato, ad un gruppo di cittadini amministratori della pagina facebook “giornalistiNoricettatori”, anche la presentazione di una petizione on line a sostegno del giornalista e contro «l’ingiusto processo che subisce».
Dal canto suo il giornalista, componente del Consiglio nazionale dell’Unci (Unione nazionale cronisti italiani), oltre a professarsi innocente, ha denunciato pubblicamente «un’indagine in cui non è stato mai interrogato per l’ipotesi di reato della ricettazione e che finisce col considerare materiale ricettato null’altro che le notizie pubblicate», visto che il documento presuntamente secretato – la relazione della Commissione prefettizia d’accesso servita per lo scioglimento del consiglio comunale – non è stato mai cercato dopo che il giornalista, sentito dagli investigatori quando rispondeva solo per il reato di diffamazione, aveva dichiarato di non averlo mai posseduto e di averlo potuto soltanto leggere.
L’udienza di giovedì prossimo prevede la testimonianza dell’assessore Biasi che, richiesta dalla Procura, si doveva tenere nel gennaio scorso ma era stata rinviata a causa di un impedimento del teste che si trovava impegnato in una vacanza all’estero «programmata da lungo tempo».
L’escussione del teste è particolarmente attesa, visto che il politico – con una querela presentata nel 2010, poi archiviata – è stato in passato il “grande accusatore” del cronista (infatti lo aveva denunciato per diffamazione, diffamazione a mezzo stampa, calunnia, rivelazione del contenuto di documenti segreti, rivelazione di segreti d’ufficio) e ora dovrebbe riferire a supporto della grave ipotesi di reato successivamente contemplata dalla Procura di Palmi dopo la trasmissione degli atti da parte del Gip di Cosenza: la ricettazione.
Pantano, giornalista oggi disoccupato che da solo risponde in Tribunale per un’inchiesta pubblicata su un giornale nel frattempo fallito, è difeso dagli avvocati Salvatore Costantino e Claudio Novella.