Il clamoroso dietrofront annunciato nei giorni scorsi dalla società LCV Capital Management riguardo all’investimento precedentemente promesso per la realizzazione a Gioia Tauro di un’industria per la produzione di una vettura ecologica, aggrava la situazione di crisi di Gioia Tauro e minaccia pesantemente i livelli occupazionali già duramente colpiti dalla crisi del settore del transhipment.
In questa situazione un grande patrimonio pubblico, che doveva e poteva diventare il volano di sviluppo di un’intera regione, corre seriamente il rischio di essere depauperato e di finire relegato nel lungo elenco calabrese delle cattedrali nel deserto e delle aree dismesse.
E’ evidente che di fronte ad un quadro così preoccupante ed allarmante, frutto anche dell’incapacità e dell’inadeguatezza del governo nazionale e della Regione Calabria, occorre reagire con forza e determinazione per impedire il crollo definitivo di una grande speranza e opportunità per il futuro della nostra terra.
Non si può rimanere inerti e indifferenti nell’attesa vana di promesse non mantenute e di impegni inconcludenti.
In questo quadro bene ha fatto il Sindaco di Gioia Tauro, Giuseppe Pedà, a lanciare la proposta di una restituzione alla gestione pubblica del porto e delle aree industriali. Questa appare come l’unica strada praticabile e percorribile per ridare una prospettiva di sviluppo serio, credibile e duraturo al porto di Gioia Tauro e alle aree industriali.
Il sindaco Pedà ha il pregio di riaprire, dal ruolo autorevole che ricopre, un dibattito che in questi anni, segnati dalle privatizzazioni e dal liberismo selvaggio, è stato totalmente omesso o cancellato.
Il tema che ritorna e che diventa ormai ineludibile riguarda il modello di sviluppo del territorio insieme al ruolo che deve svolgere lo Stato nell’economia.
Bisogna finalmente prendere atto che il modello economico di capitalismo selvaggio dominante negli ultimi decenni non ha prodotto nè progresso nè crescita, ma solo impoverimento, disoccupazione, precarietà e abbandono del Mezzogiorno.
Occorre, dunque, una svolta profonda garantendo la centralità dell’intervento pubblico nei settori strategici per l’economia nazionale, come il Porto di Gioia Tauro che rappresenta il più importante porto di transhipment del Mediterraneo e non può essere lasciato alla mercè degli interessi mutevoli delle società di transhipment che lo gestiscono, che talvolta entrano in conflitto con quelli che sono gli interessi reali del porto di Gioia Tauro e dei lavoratori portuali.
Ci vuole un piano straordinario di investimenti pubblici per Gioia Tauro con una forte direzione pubblica e con l’obiettivo di rimettere mano al tema dell’interporto e della logistica. Inoltre, non si può non considerare fondamentale il recupero all’uso pubblico e produttivo di tutte le aree industriali, nelle quali doveva essere localizzata una rete di piccole e medie aziende che per tale scopo furono finanziate con un fiume di risorse pubbliche (vedasi legge 488, contratto d’area, ecc.) che sono finite ad ingrassare i patrimoni di imprenditori di rapina che si sono presi i soldi e hanno lasciato il deserto.
In tal senso, riteniamo che bisogna pensare ad una sorta di nuova IRI calabrese con sede a Gioia Tauro, dando centralità all’intervento dello Stato come garanzia della tutela degli interessi del porto di Gioia Tauro e della Calabria e come momento di salvaguardia e di crescita del lavoro e dell’occupazione.