La vicenda di Plati, iniziata con un annuncio della candidatura a Sindaco del segretario regionale del PD (un anno fa) e conclusasi con la mancata discesa in campo di una ragazza che aveva addirittura sigillato il suo impegno con Renzi, rischia di essere un boomerang spaventoso per il Partito Democratico e, di riflesso, per le istituzioni.
È il trionfo dell’annuncite, la supremazia del selfie sulla sostanza che, in questo caso, è la vita di un centro interno calabrese da sempre nell’occhio del ciclone per l’invasività della ‘ndrangheta.
Non si possono prendere in giro i cittadini strumentalizzando una realtà drammatica per rifugiarsi nel nulla, né pensare che comportamenti del genere non abbiano effetti collaterali pesantissimi sulla residua credibilità delle istituzioni in un territorio in cui da tempo è in discussione la sovranità della democrazia.
Non si gioca sulla pelle dei cittadini credendo che la politica sia un esercizio di retorica o un concorso di celebrità poiché tutto questo ha un costo altissimo che viene pagato dalla comunità.
Si tratta di un ulteriore mattone che fortifica il muro dell’insolenza politica e rende melliflua la credibilità di chi imbraccia quotidianamente la troppo comoda spada dell’antimafia parolaia.
Anche in questo caso Renzi appare come un marziano che fa del virtualismo cinico il suo modo di essere , con l’aggravante che rappresenta il Governo in un angolo d’Italia abbandonato dallo Stato e preso in giro dal partito di maggioranza relativo