Centinaia di uomini della Polizia e dell’Fbi stanno eseguendo in diverse regioni italiane e negli Stati Uniti una serie di arresti e fermi nei confronti di soggetti legati alla ‘Ndrangheta e a famiglie mafiose americane responsabili, secondo le accuse, di un traffico internazionale di droga. In corso anche decine di perquisizioni. Gli arresti e i fermi sono complessivamente 18 in Italia (dieci nella Locride in Calabria) e 8 in Campania, mentre altri 8 sono stati eseguiti a negli Usa, dove si trova un team di funzionari del Servizio centrale operativo della Polizia. Oltre 40 le persone indagate. L’operazione è stata eseguita da parte dagli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato nelle province di Reggio Calabria, Napoli, Caserta, Torino, Benevento, Catanzaro e a New York negli Stati Uniti. Le indagini, condotte dal Servizio Centrale Operativo e dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, nonché svolte anche con pianificate e congiunte attività con l’omologa struttura investigativa statunitense, hanno svelato le dinamiche di ingenti traffici di cocaina tra il Sud America e la Calabria, con il coinvolgimento di soggetti, ritenuti essere legati a cartelli narcos del centro e del sudamericana.
L’inchiesta, denominata “New Bridge” e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Reggio Calabria (il fermo porta la firma del procuratore Federico Cafiero de Raho, dell’aggiunto Nicola Gratteri e del pm Paolo Sirleo), avrebbe consentito di scoprire e disarticolare un’organizzazione che fa capo alle ‘ndrine della Ionica calabrese e che operava fra Italia, Stati Uniti, Canada, Centro e Sud America, in stretto contatto con famiglie mafiose americane dei Gambino-Inzerillo e narcos sudamericani.
Le accuse, ipotizzate a vario titolo nei confronti dei presunti appartenenti all’organizzazione, vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso all’associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, dallo spaccio al riciclaggio e altri reati. In corso anche decine di perquisizioni. In manette, tra gli altri Francesco Ursino, figlio del boss Antonio, di Gioiosa Jonica. L’inchiesta portata a termini grazie alla collaborazione con l’Fbi che è riuscita ad infiltrare un proprio uomo nell’organizzazione.
Fra gli arrestati ci sarebbero soggetti legati alla famiglie Ursino e Simonetta, capi di una potente ‘ndrina della ionica calabrese e personaggi stranieri ed italo-americani. Uno di loro – arrestato a New York da personale del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e della Squadra Mobile di Reggio Calabria insieme ad agenti del Fbi – risulta legato alla famiglia mafiosa “Gambino” della cosa nostra americana.
La cocaina proveniente dal Sud America sarebbe dovuta arrivare al porto di Gioia Tauro, nascosta in barattoli di frutta: è quanto hanno accertato le indagini dello Sco, della squadra mobile di Reggio Calabria e dell’Fbi che hanno portato al blitz di oggi. La spedizione della droga, secondo quanto è stato ricostruito, avrebbe dovuto avvenire dalla Guyana: la cocaina, in forma liquida, avrebbe dovuto essere nascosta all’interno di barattoli di ananas o cocco e così spedita a Gioia Tauro.
Sono oltre 2.000 le pagine di informativa della Polizia di Stato, intercettazioni telefoniche e ambientali, due gli anni di indagini hanno dimostrato l’esistenza di un “ponte” fra la Calabria e gli Stati Uniti per un sodalizio transnazionale dedito al traffico di stupefacenti e del riciclaggio di denaro. Secondo gli investigatori, i cartelli calabresi avevano assunto “concrete e avanzate iniziative per la pianificazione e la realizzazione di compravendita di droga lungo l’asse Calabria-New York e destinato al porto di Gioia Tauro”.
Un “ponte” tra la Calabria e gli Stati Uniti, per consentire alle ‘ndrine e alle famiglie mafiose americane di aprire un nuovo canale per il traffico di droga tra le due sponde dell’oceano. Era questo, secondo quanto si apprende, l’intento dell’organizzazione scoperta dalla Polizia e dall’Fbi, che ha portato al blitz.
Secondo inquirenti e investigatori l’organizzazione puntava a conquistare, nel tempo, il posto occupato per anni dai clan di Cosa Nostra.