In questi giorni, sta avendo giustamente “clamor”mediatico, il caso della donna Tiziana Cantone, suicidatasi in provincia di Napoli con una sciarpa al collo a causa di alcuni video “porno” che la ritraevano pubblicati in rete da quattro/sei persone, fra cui il suo ex che ne avevano accresciuto il suo status depressivo di cui già aveva sofferto in passato. Ma c’è di più e la storia ha dei contorni che rasentano l’inverosimile. La donna difatti aveva intentato la causa contro i social network presso il Tribunale di Napoli e il gip aveva sostenuto di non avere potere alcuno e di non poter oscurare quei video di cui si faceva richiesta nell’ordinanza della “vittima”; anzi vieppiù, quest’ultima è stata condannata al pagamento di una somma di ventimila euro circa di danni alle società dei succitati social network. La madre racconta proprio in questi giorni come la vita della figlia fosse divenuta invivibile e insopportabile in seguito a quei video. E nessuno ha provveduto a farne coerentemente e congruamente giustizia. È rimasta inascoltata infatti altresi la richiesta postuma del fidanzato di pagarvi una somma purchè venissero oscurati quei video della discordia.Non è il primo caso che accade nel nostro paese. Ricordiamo casi eclatanti concernenti ragazzi disabili o affetti da sindrome di Down dileggiati in rete dai coetanei con Google che si dissociò dalle responsabilità per quei video pubblicati da dei ragazzini. Occorrono leggi ligie ed una educazione maggiore per quanto concerne la rete e le sue infinite frontiere; non v’è dubbio che vi siano delle risorse efficaci ed infinite attraverso internet e la rete, ma talvolta possono nascondersi all’interno del suo labilissimo confine “sommovimenti” brutali,dovuti all’imperizia od all’eccessiva foga del “rendere noto”. Il villaggio globale di McLuhan si trasforma cosi in un villaggio di mostri inconsulti. Giacchè è lecito chiedersi chi tutela la nostra privatezza, se tutti si deresponsabilizzano? Sono ancora molteplici le domande stante siano stati fatti passi avanti sulla sicurezza in rete, ma non basta evidentemente se ancora c’è qualcheduno che perde la vita. Augurandoci che sia la volta buona, ovverosia che qualcheduno seriamente provveda a colmare queste lacune,non ci rimane che dire: ai posteri l’ardua sentenza .
Francesco Grossi