La Piana dice No Rosarno antirenziana, Cinquefrondi 1 su tre dice sì

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La Piana di Gioia Tauro è terra del NO. La riforma costituzionale del governo Renzi si arena pesantemente dal Mesima in giù. Il referendum di domenica scorsa ha dato un esito molto chiaro sia in Calabria che nel reggino, ma nella Piana ha avuto una tendenza molto marcata. L’affluenza media pianigiana è stata in linea con quella calabrese e reggina, andando mediamente poco sopra il 50% degli aventi diritto. Ma i numeri che più impressionano sono quelli relativi al NO che oscillano mediamente sopra il 70%. Il comune, tra quelli più popolosi, che ha rigettato con più vigore la riforma è stato Rosarno, nel quale quasi l’80% dei votanti ha bocciato il testo del governo. Il comune più indulgente è stato Galatro, dove il SÌ ha raccolto un incoraggiante 45%. Ma, in buona sostanza, il dato è chiarissimo: La Calabria, il reggino e, soprattutto, la Piana, hanno scelto di bocciare la riforma della Costituzione.

Le sfumature, sul voto, però ci sono e dipendono anche dalla composizione delle classi dirigenti locali di uno o dell’altro schieramento. Per restare sul punto dell’affluenza, bisogna dire che tra i centri più popolosi, Cittanova e Polistena registrano l’affluenza più alta (ed è un dato che riafferma la grande voglia di questi comuni di partecipare) che si attesta tra il 56-57%. Gioia Tauro, invece, è il comune più sonnacchioso, addirittura sotto la metà degli aventi diritto, ossia al 48%.

A Cinquefrondi la sfida più interessante si giocava tra la maggioranza del sindaco Michele Conia, sostenitore del NO e l’opposizione del Pd capeggiata dal segretario comprensoriale Michele Galimi. Conia vince ma non stritola gli avversari, tanto è vero che a Cinquefrodi il Sì è tra i più dignitosi della Piana. A Rosarno, invece, quel che resta del Pd viene travolto dal fronte, ultravariegato, del NO. La crisi dei democrat rosarnesi prosegue, malgrado ci fosse un comitato del Sì, gli elettori medmei hanno scelto altre proposte. Anche a Cittanova il Sì salva la faccia – rispetto ad altri comuni – prendendo circa un elettore su tre.

La domanda più interessante, comunque, rimane quella sul dato politico di questo voto referendario. A parte il merito del testo, quanto ha pesato il parere negativo sul governo Renzi e quanto la lotta tra classi dirigenti locali?

Di sicuro la Calabria non è regione filogovernativa. Questo NO apre una caccia al voto che potrebbe attirare i calabresi nell’alveo dei 5 stelle.

Se si osservano i dati disaggregati per comune, il Sì, che grossomodo raccoglie il PD e qualche isolato sostenitore della riforma, si nota che non arriva mai sopra il 30%. Quindi non sembra semplice per il partito di Renzi riuscire a coagulare consenso nel territorio degli ulivi. Il bacino potenziale, quel 70% circa, diventa terreno di caccia per due forze politiche molto diverse: Movimento 5 stelle e centrodestra.

Partiamo dalle forze conservatrici. Il centrodestra ha sempre mietuto grandissimi consensi nel reggino e nella Piana. Berlusconi per tre lustri ha banchettato agevolmente, e in tempi recenti anche Salvini – leader di una proposta politica che preme molto sull’interruttore dello stop alle politiche di accoglienza – sta guadagnando consenso. Ma il Cavaliere ha molte meno truppe del solito e non in tutti i meridionali il ricordo del leghismo antisud si è dissolto. I 5 stelle, è facile dirlo, sono probabilmente nel loro migliore momento di forma. E al sud piace tantissimo Grillo: il suo spirito libero contro tutti e tutto conquista, e poco importa se ancora la proposta politica e programmatica manca. Il fascino del “vaffa…” a queste latitudini è sempre attraente.

Il centrosinistra non è vittima del destino cinico e baro, deve capire, nella Piana e in Calabria, che è artefice della sua stessa disfatta. Non dimentichiamo che il governatore Oliverio e il PD poco più di due anni fa hanno vinto alla grande la sfida delle regionali, quindi hanno ottenuto un credito enorme dai calabresi. Se oggi Grillo è pronto alla marcia su Catanzaro, è evidente che qualcosa, nel motore dei democrat si è inceppato pericolosamente.

Alle politiche manca qualche mese, ma il destino del voto pianigiano sembra segnato, visto che nel 2013 il tripolarismo nella Piana vedeva la supremazia berlusconiana e, poi, l’alternativa grillina spesso davanti al Pd. Da allora molto è cambiato, il centrodestra s’è sgonfiato e Renzi e Grillo ne hanno conquistato molto dell’elettorato. Oggi con Renzi bocciato e Salvini che insidia Silvio – in un possibile confronto per la leadership – chi parte con i favori del pronostico sembra Grillo. E Gigino Di Maio sembra avviato a palazzo Chigi con i tanti voti della Piana.

 

Domenico Mammola

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