Non è certo sfuggito ai più che la ‘ndrangheta abbia scelto, ormai da tempo, di investire fuori dai confini regionali. D’altronde l’organizzazione criminale è la più “influente e diffusa” sul territorio nazionale e non solo. E’ notizia di oggi quella relativa a 3 arresti, 36 indagati e 14 perquisizioni tra Veneto, Emilia Romagna e Lombardia. Questi gli sconfortanti numeri dell’operazione “Valpolicella”, condotta dalla Dia di Padova. I reati contestati sono: l’associazione di stampo mafioso, estorsione, rapina, usura e frode fiscale. Nello specifico le città interessate sono: Venezia, Verona, Vicenza, Cremona, Reggio Emilia, Bologna e Catanzaro.
Essenziale per l’inchiesta è stata la collaborazione di un pentito della ‘ndrangheta. Secondo la ricostruzione del procuratore reggente di Venezia, Adelchi d’Ippolito, la banda faceva capo a tre sole persone. Due uomini di origini crotonesi, residenti nel veronese, e una donna serba, moglie di uno dei due. Per la donna, madre di due minori, sono stati disposti gli arresti domiciliari.
I due crotonesi erano titolari di aziende veronesi del settore edile che, attraverso sovrafatturazioni e l’aiuto di altri imprenditori, riciclavano soldi frutto di attività illegali. Secondo gli investigatori, chi non si piegava alle regole dei due veniva minacciato. Durante le perquisizioni la Dia di Padova ha recuperato: una pistola 7.65 con 93 proiettili e diverso denaro contante. Emergono, inoltre, dopo molti mesi di indagine, altri personaggi affiliati ai personaggi di cui sopra. Nello specifico: un pregiudicato, considerato vicino a personaggi affiliati alle cosche crotonesi Grande Aracri e Dragone, e altri collegati alla ‘ndrangheta, che lavoravano sempre nel settore edile.
Non è difficile pensare, per buona pace di chi ancora si illude che la ‘ndrangheta sia un fenomeno locale, che la criminalità organizzata vada persino oltre i confini nazionali. Basti pensare alla cattura, avvenuta nel dicembre 2016, del latitante che trafficava arte per la ‘ndrangheta. L’uomo era evaso dai domiciliari, ai quali era stato obbligato in seguito all’affidamento ai servizi sociali, per recarsi in quel di Barcellona, la città della Sagrada Familia. Doveva scontare una condanna ad 11 anni in seguito all’inchiesta “Metallica” eseguita dalla Dda di Milano.