Si è concluso in Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria il processo per l’omicidio del ristoratore Giuseppe Arimare ed il tentato omicidio del genero Bernardo Princi.
Il grave fatto si era verificato il 2 settembre del 2013, a S. Eufemia D’Aspromonte, all’interno della proprietà dell’Arimare, e le fasi drammatiche dell’omicidio erano state riprese in diretta dal sistema di video sorveglianza ivi insistente.
Alla sbarra vi erano Surace Raffaele (avv. Francesco Albanese e Francesco Calabrese), Luppino Stefano (avv. Francesco Calabrese e Antonio Manago’), Laurendi Francesco )avv. Girolamo La Rosa e Renata Zito) e Crea Fabio (avv. Antonino Tripodi), che rispondevano dell’omicidio dell’Arimare, del tentato omicidio del Princi, di porto e detenzione di arma da fuoco e di arma bianca.
All’origine del grave fatto di sangue, il furto di un vitello di proprietà del Surace, che questi addebitava a Bernardo Princi.
Secondo l’accusa, il Surace aveva organizzato una spedizione punitiva insieme agli altri imputati (oltre ad un’altra persona, rimasta a lungo latitante e giudicata a parte) con lo scopo di uccidere Bernardo Princi. Questi si era salvato solo perché le sue urla avevano richiamato alcuni parenti, tra cui il suocero Arimare Giuseppe il quale, giunto sul posto, aveva affrontato gli aggressori, finendo colpito a morte da un colpo di pistola sparato dal Surace sotto l’occhio della telecamera.
In primo grado erano piovute pesantissime condanne da parte del GUP del Tribunale di Palmi : 30 anni per Surace e Luppino, 18 anni per Laurendi, mentre Crea era stato assolto (per quest’ultimo vi è stato appello da parte della Procura).
Avverso tale sentenza, gli imputati proponevano appello.
Nel giudizio di secondo grado vi era stata la riapertura dell’istruttoria dibattimentale, con la nuova perizia disposta dalla Corte di Assise di Appello per valutare ed accertare ciò che era accaduto nei drammatici istanti che precedettero il colpo mortale che uccise l’Arimare, soprattutto l’intenzionalità del Surace di sparare in direzione della vittima allo scopo di uccidere.
Per tutti era stata invocata l’assoluzione o la riqualificazione dei reati contestati.
La difesa di Laurendi (avv. Girolamo La Rosa e Renata Zito), in particolare, contestava la ricostruzione dei fatti offerta dalla sentenza di primo grado ed il grado di partecipazione che il proprio assistito aveva avuto nella commissione dei fatti, concludendo per l’assoluzione dello stesso per non aver commesso il fatto, mentre il Procuratore Generale aveva richiesto la conferma della pena a 18 anni per Laurendi, la conferma della pena a 30 anni per Surace, uno sconto di pena (da 30 a 22 anni) per Luppino, mentre per Crea veva invocato una condanna a 18 anni di reclusione.
La Corte di Assise di Appello, dopo una lunga camera di consiglio, assolveva Laurendi Francesco da tutti i reati per non aver commesso il fatto, confermava l’assoluzione di Crea Fabio, e, confermata la responsabilità per l’omicidio di Arimare e riqualificato il reato di tentato omicidio nei confronti di Princi Bernardo in lesioni gravi, riduceva la pena inflitta a Surace Raffaele ad anni 16 e mesi quattro di reclusione e quella di Luppino Stefano ad anni 14 di reclusione.