A 22 anni dall’attentato ,Totò Riina si lascia scappare delle dichiarazioni a dir poco clamorose, : il telecomando che azionò la bomba era nascosto nel citofono di casa della madre di Paolo Borsellino, e per quanto possa sembrare assurdo fu proprio il giudice stesso che, suonando il campanello, innescò l’ordigno, che era nascosto in una Fiat 126 parcheggiata a pochi metri, e che uccise lui e cinque agenti della scorta .E’ quanto emerso dalle intercettazioni effettuate dalla Dia. “Le confidenze” sarebbero state fatte da Totò Riina al suo compagno di ora d’aria, Alberto Lorusso. Non è la prima volta che emerge l’ipotesi dell’innesco nascosto nel citofono.
Ora il boss dei Corleonesi regala la sua verità e i magistrati di Caltanissetta sono già al lavoro per verificare se le dichiarazioni dell’ergastolano siano credibili. Le dichiarazioni di Riina potrebbero rafforzare la tesi del citofono già ipotizzata in passato e, qualora ritenute attendibili, chiarire quanto accadde il 19 luglio del 1992, 57 giorni dopo la strage che uccise Giovanni Falcone.