E’ scattato l’obbligo di indicare obbligatoriamente in etichetta l’origine del grano utilizzato nella pasta con l’entrata in vigore dei due decreti interministeriali sull’ indicazione dell’origine obbligatoria del riso e del grano per la pasta in etichetta. L’etichetta di origine obbligatoria permette di conoscere l’origine del grano impiegato nella pasta e del riso e mette fine all’inganno dei prodotti importati, spacciati per nazionali, in una situazione in cui un pacco di pasta su tre è fatto con grano straniero, come pure un pacco di riso su quattro. E’ quanto afferma la Coldiretti che ha organizzato a livello nazionale il Pasta Day alla presenza del ministro Martina. Un provvedimento fortemente sostenuto dalla Coldiretti per garantire maggiore trasparenza negli acquisti ai consumatori e fermare le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione e che ha causato la drastica riduzione delle semine. “Già – sottolinea Molinaro Presidente di Coldiretti Calabria – ci sono due primi importanti segnali: noti marchi garantiscono l’origine italiana al 100% del grano impiegato per la pasta, senza dimenticare alcune linee della grande distribuzione e questo avviene anche nei pastifici calabresi sparsi un po dovunque; poi, vi è il prepotente ritorno nelle semine dei grani nazionali antichi come il Senatore Cappelli. In Calabria, dopo una diminuzione delle superfici investite a grano si riscontra un aumento delle semine, in particolare di grano antico, di circa il 25% e questo sta riscuotendo anche un grande interesse da parte dei giovani con diversi esempi di successo. Un elemento principe che garantisce la dieta mediterranea a testimonianza di una Calabria che sempre di più produce cibo buono e di qualità. Una scelta anche a tutela della salute perchè in Italia – precisa Molinaro – è vietato l’utilizzo del glifosato sul grano in preraccolta a differenza di quanto avviene per quello straniero proveniente da Usa e Canada dove ne viene fatto un uso intensivo nella fase di pre-raccolta per seccare e garantire artificialmente un livello proteico elevato. A giovarsi del provvedimento è anche il celebre Riso di Sibari che viene coltivato nella sibaritide su circa 1000 ettari e che possiede delle particolari caratteristiche organolettiche dovute proprio alla tipologia di terreno e all’ottimo microclima”.
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