Riceviamo e pubblichiamo
I primi tre mesi dell’anno in corso hanno visto un’accelerazione su due passaggi decisivi verso il “radicamento legislativo” di una cultura di morte.
In Belgio è stata approvata la legge che estende l’eutanasia ai bambini. In Inghilterra il governo ha proposto una legge che limita (o sopprime) l’assistenza sanitaria agli anziani per risparmiare sulle spese sanitarie.
Si sceglie, quindi, di abbandonare l’aiuto terapeutico alla persona quando “la stessa non è un beneficio per la società più ampia”. Da ciò appare evidente come sia chiaranente in atto un progetto di dissoluzione e morte, portato avanti con diabolica fermezza da “precisi ambienti” dei poteri forti, perché “bisogna sgomberare il terreno dal dogma della vita come dono divino” (Lucio Colletti, filosofo marxista).
Questo progetto “comincia con la soppressione del nascituro, arriva all’esclusione degli inabili e dei vecchi, per approdare alla soluzione finale dell’eutanasia” (Giovanni Paolo II), ed è teorizzato, tra gli altri, da Jacques Attali, consigliere del Presidente francese François Mitterand, che, in “L’Avenir de la Vie” (1981), scriveva: «…quando l’uomo supera i 60-65 anni, egli vive al di là dell’età produttiva e costa troppo alla società […]. Per parte mia, e in quanto socialista, considero un falso problema quello del prolungamento della vita […]. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali nelle società del futuro, a qualunque ideologia esse si ispirino.».
Da cristiani, consideriamo la vita come dono di Dio e siamo fermamente contrari all’Istituzione del Registro dei Testamenti biologici o di fine vita, anteprima dell’eutanasia. Ciò di cui ha bisogno l’ammalato, oltre alle cure mediche, è l’amore, il calore umano e, per chi è credente, quello soprannaturale, col quale possono e debbono circondarlo tutti coloro che gli sono vicini, genitori e figli, medici e infermieri.
L’ideologia che sottende le dichiarazioni anticipate di fine vita è frutto, ed è al contempo alimentato, dalla frantumazione dei rapporti sociali, e l’esaltazione individualistica dell’autonomia finisce per annichilire il principio di solidarietà. È necessario, dunque, formare un consenso condiviso intorno ad alcuni principi fondamentali quali: -il rispetto della vita dal concepimento fino alla morte naturale; -la famiglia come cellula fondamentale che nasce dall’unione tra uomo e donn; -libertà di educazione; principi, questi, che costituiscono la base della convivenza comune, nell’accoglienza, e non nel rifiuto, di quanti si trovano in condizione di fragilità e di debolezza.
Rivendicare il diritto allo studio, al lavoro, all’assistenza sanitaria e ad una migliore qualità della vita e la tutela delle fasce più deboli della società diventano azioni prive di senso e spoglie del loro significato intrinseco se si sopprime il primo ed inalienabile di tutti i diritti, che è quello alla vita, il quale affonda le sue ragioni nel diritto naturale.
Ai politici il compito di costruire una città per l’uomo, e la politica non può e non deve essere l’incontro tra la sedia e il fondo schiena, ma – come scrive Papa Francesco – «una vocazione altissima, essa è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune.».
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