Una donna di 37 anni è morta, all’ospedale Martini di Torino, subito dopo un’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. La donna aveva deciso di interrompere la gravidanza, il 4 aprile le era stato somministrato mifepristone, la sostanza che entro 48 ore massimo ferma la gestazione. Due giorni dopo, mercoledì scorso, secondo quanto indicato nel protocollo, si è ripresentata in ospedale per la somministrazione dell’altro farmaco, la prostaglandina, che provoca le contrazioni uterine necessarie all’eliminazione della mucosa e dell’embrione. In entrambi i casi la signora è stata visitata, sottoposta a ecografia, e nulla di anomalo o sospetto è stato mai rilevato, sottolineano dall’ospedale. Quattro ore dopo l’aborto e la somministrazione di un antidolorifico la signora ha chiesto aiuto dicendo di non respirare. È stata portata in sala visita, le è stato fornito ossigeno, fatto un ecocardiogramma grazie al quale è stata diagnosticata una fibrillazione ventricolare, cioè un’aritmia che scatena contrazioni irregolari del cuore. La situazione è precipitata un istante dopo. Si ipotizza un embolo prodotto dalla fibrillazione. La signora ha perso improvvisamente conoscenza. Il cuore si è fermato, è stato necessario utilizzare il defibrillatore e il battito è ripreso. La situazione sembrava migliorata, la donna ha ripreso conoscenza, è stata portata in Rianimazione e collegata ai monitor. Alle 22,20, però, l’ha colpita e uccisa una nuova e più grave crisi. Purtroppo sono stati inutili i 25 minuti di nuovi tentativi disperati per far ripartire il cuore. I primi sospetti dei medici parlano di una correlazione tra pillola e morte. L’autopsia confermerà quelle che sono le ipotesi e i sospetti. Se cosi fosse si tratterebbe del primo caso in Italia, mentre negli Stati Uniti si contano almeno già otto vittime della cosiddetta pillola dell’aborto.
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