C’è un primo punto fermo nello strascico giudiziario dell’inchiesta giornalistica sulle cosiddette “pecore sacre di Polistena”: per la Procura di Palmi, nessuna diffamazione è stata compiuta in danno del sindaco Michele Tripodi e della cittadina del Reggino.
Il sostituto procuratore Anna Pensabene ha infatti chiesto l’archiviazione della querela sporta dal primo cittadino, che si era rivolto ai giudici nel febbraio scorso – denunciando il giornalista Agostino Pantano e il network LaCnews24 – anche su impulso di una delibera approvata all’unanimità dal consiglio comunale.
I servizi giornalistici incriminati, che denunciavano il passaggio di greggi di pecore nel centro cittadino – prolungato da anni e in barba al regolamento comunale che vieta il transito – non sono stati considerati diffamatori dal magistrato che, contestualmente, ha chiesto l’archiviazione anche dell’esposto presentato dal giornalista che si era sentito pericolosamente esposto e bersagliato dalla campagna politica lanciata dal sindaco.
A seguito dei reportage di Pantano, infatti, nel corso dei servizi di polizia denominati “focus ndrangheta”, erano stati sequestrati per danno all’ambiente i due ovili citati nell’inchiesta giornalistica, comminate pesanti multe ed era stato finalmente interrotto il passaggio, anche nei pressi del mercato settimanale e di una scuola, degli animali che rappresentavano un pericolo per l’igiene pubblica oltre che un palese affronto alle istituzioni comunali.
Le successive verifiche compiute dalle forze dell’ordine hanno consentito di confermare le notizie fornite da Pantano, ovvero che una delle strutture sanzionate apparteneva a un pregiudicato condannato per mafia, e l’altra a un parente prossimo degli esponenti di vertice della cosca Longo.
In ragione di questa pericolosità sociale documentata, il giornalista si era rivolto al Commissariato di polizia perché venisse interrotta una strategia politica pericolosamente condotta contro la libertà di stampa che, invece, ha portato il sindaco a chiedere ugualmente di “procedere penalmente – si legge nella querela – per il reato di diffamazione a mezzo stampa compiuto in modo reiterato contro la mia persona, anche quale pubblica autorità, nonché contro la comunità di Polistena che rappresento da sindaco, per il reato di lesione all’immagine”.
L’inchiesta giornalistica di Pantano era finita al centro anche di una seconda querela per cui procede un diverso magistrato – da parte di una consigliera comunale legata a uno dei conduttori delle greggi, che si era dimessa dopo i servizi di Pantano -, che il giornalista ha potuto già confutare rispondendo alle domande dell’Autorità giudiziaria, ora informata dell’archiviazione della denuncia del sindaco.
“La reazione spropositata degli amministratori di Polistena – commenta Pantano – conferma l’uso strumentale e intimidatorio di certe querele, perché senza mai chiedere una smentita formale si tenta di portare in Tribunale il diritto di cronaca additando il giornalista come nemico della città, quando invece ha fatto solo il suo dovere. Questa prima archiviazione, confermando la bontà del mio lavoro, serve anche da monito una volta di più affinché le istituzioni locali non ricorrano a metodi antidemocratici di fronte alle verità scomode, tentando di offuscare la credibilità del cronista ed esponendolo a critiche che possono passare il segno e diventare un vero e proprio linciaggio tramite i social, cosa che è capitata a me”.
Trascorsi i termini, né Pantano e né Tripodi si sono opposti all’archiviazione richiesta dalla Procura.