Maria Cannatà, 52 anni di Rosarno, è morta il 30 aprile dopo un calvario durato 15 giorni. La figlia ha sporto denuncia presso la Questura di Reggio Calabria, raccontando una versione dei fatti che se confermata dagli inquirenti vedrebbe i sanitari del reparto di Psichiatria di Polistena responsabili della morte della donna.
Il 16 aprile la signora Cannatà è stata ricoverata presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale Santa Maria degli Ungheresi di Polistena in quanto affetta da disturbo bipolare. Il giorno dopo, il marito andando a farle visita, trovava la donna in pessime condizioni fisiche, con la testa gonfia da un vasto ematoma, il viso nel lato destro con un vasto ematoma alla guancia e all’occhio, persino incapace di stare in piedi e poco lucida. La signora Cannatà riferiva pertanto al marito di essere stata picchiata dalla compagna di stanza, denunce che continuavano anche nei giorni successivi allorquando la donna disperata telefonava alla figlia chiedendo aiuto. Immediatamente questa si recava presso il reparto di psichiatria per chiedere spiegazioni ai sanitari, i quali riferivano, secondo quanto riportato in denuncia, che tali denunce fossero normali per i loro pazienti in quanto avevano come fine il ritorno a casa. Per tale ragione veniva impedito alla stessa di poter fare visita alla madre. Con il passare dei giorni la situazione è precipitata sempre più, in quanto domenica 20 aprile, dopo che finalmente riesce a vedere la madre, la figlia scopre di persona le terribili condizioni di salute della stessa. Ancora una volta vengono allarmati i sanitari dell’ospedale di Polistena i quali per giustificare le ferite di Maria Cannatà, minimizzano il tutto parlando di una piccola lite con la compagna di stanza. Tale circostanza sarebbe invece stata smentita, per come riportato in denuncia, da un’altra paziente, la quale ha confermato ai familiari di aver visto personalmente la Cannatà percossa violentemente quando gli infermieri sono entrati per salvare la povera donna dalle grinfie della più giovane e possente compagna di stanza.
Ma le sofferenze della povera donna erano ancora all’inizio, il giorno dopo, sempre la figlia, scopre che la madre si è rotta il braccio in più parti, e ancora una volta chiedeva spiegazioni agli infermieri i quali rispondevano di non essersene accorti, e che avrebbero provveduto.
Il 23 aprile, un medico del reparto di Psichiatria dell’Ospedale di Polistena, considerato che la paziente aveva in atto un “deperimento organico serio”, chiedeva il trasferimento della stessa presso il reparto di medicina.
Nello stesso giorno i familiari della donna venivano contattati in quanto c’era la necessità di trasportare la stessa, con mezzo proprio a detti degli stessi, all’ospedale di Reggio Calabria, per effettuare la trasfusione cui la stessa si sottoponeva regolarmente per la microcitemia ed epatite c. Nello stesso frangente veniva comunicato il trasferimento di reparto.
Ma all’arrivo in ospedale il 24 aprile, i familiari mai avrebbero immaginato cosa i loro occhi sarebbero stati costretti a vedere. La signora Cannatà ricoverata al Pronto Soccorso, in gravissime condizioni, con il cranio quasi distrutto, in quanto, così come spiegato dai medici, sarebbe caduta mentre si faceva la doccia. La TAC, effettuata il giorno stesso, sembrerebbe smentire però che i danni che avrebbero poi portato alla morte della stessa sarebbero dovuti a tale isolato episodio, in quanto nel referto si fa riferimento a un peggioramento del quadro cerebrale rispetto ad un precedente esame effettuato poco prima, ed altresì di risanguinamento attivo.
Subito dopo la signora Cannatà effettuava il suo ultimo viaggio in vita in elisoccorso con direzione Ospedale di Reggio Calabria, dove sarà operata poco dopo il suo arrivo, e dove morirà il 30 aprile, lasciando tra la disperazione tutti i familiari, convinti sempre più che anche se il braccio che ha causato la morte di Maria Cannatà è stato quello di una paziente, la responsabilità sia da addebitare a chi non ha vigilato affinchè ciò non accadesse. Domani in tarda mattinata verrà effettuata l’autopsia, e dal risultato forse la verità verrà fuori.