Questa mattina gli uomini della Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro stanno eseguendo un provvedimento di confisca del patrimonio riconducibile al sessantaduenne, Giovanni ACRI, imprenditore rossanese attivo nel settore agricolo, condannato in via definitiva ad anni uno e mesi due di reclusione per il reato di usura (art. 644 c.p.), al termine di una complessa vicenda giudiziaria nell’ambito della quale è emerso che al beneficiario di un finanziamento, in evidente stato di bisogno, è stato imposto un tasso d’interesse superiore al 40% annuo. Le complesse ed articolate indagini patrimoniali svolte dagli uomini della D.I.A. di Catanzaro, competente anche per la provincia di Cosenza, hanno consentito alla Procura della Repubblica di Castrovillari (CS) di richiedere, al Tribunale del luogo, ai sensi dell’art. 12 sexies della Legge n. 356/92, la confisca di una serie composita di cespiti, a cui si è ritenuto di attribuire un valore prossimo ai quindici milioni di euro. La Sezione Penale in composizione collegiale del Tribunale di Castrovillari ha emesso, nei giorni scorsi, il provvedimento di confisca richiesto a seguito degli
accertamenti della Direzione Investigativa Antimafia che hanno individuato, come beni da sottoporre a confisca:
– intero compendio aziendale della “Azienda Agricola di Acri Rag. Giovanni”
con sede in Rossano (CS) ed esercente l’attività di produzione e lavorazione
di olive ed agrumi;
– 92 beni immobili;
– 27 rapporti finanziari aventi valore complessivo di circa € 3.500.000,00;
– 02 autovetture di grossa cilindrata.
Tale tipologia di confisca prevista dalla richiamata Legge 356/1992 in presenza della condanna per determinati e specifici titoli di reato e della sproporzione fra beni di cui si ha la disponibilità e redditi dichiarati.
Infatti, in ordine ai presupposti legittimanti l’emanazione del citato provvedimento, il Tribunale ha osservato che “ … la confisca in argomento trova i suoi presupposti nella sussistenza della duplice condizione che l’imputato sia stato condannato per uno dei reati indicati nella norma – tra i quali, per quello che interessa, è specificamente menzionato il reato di usura – e che, sotto il profilo oggettivo, sussista sproporzione tra il valore dei beni di cui il condannato ha la disponibilità e il proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito…”.
In merito a quest’ultimo aspetto è stato ribadito che “… i valori dei beni individuati e delle spese affrontate nell’ambito del nucleo familiare dell’Acri, … risultano notevolmente sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati. L’analisi patrimoniale effettuata dalla DIA di Catanzaro … evidenzia una fitta e rilevante attività negoziale del prevenuto, unitamente al coniuge (e successivamente anche ad opera dei figli dell’Acri), in ordine all’acquisto sistematico di beni immobili. Deve sottolinearsi da subito la consistenza di tali acquisti (quasi due immobili per ogni anno), del tutto ingiustificabili alla luce dell’intero quadro reddituale familiare, …”. In particolare il Collegio, valutate positivamente le investigazioni patrimoniali della D.I.A., che ha considerato un arco temporale compreso tra il 1979 ed il 2011, si è spinto ad affermare che “… A conferma dell’oggettiva validità delle indagini svolte dalla DIA di Catanzaro deve evidenziarsi come gli acquisti di beni immobili effettuati dal nucleo familiare di Acri Giovanni siano stati valutati alla luce dello stesso prezzo indicato dalle parti negli atti di compravendita. Quindi nessuna stima soggettiva è stata effettuata dai militari con riguardo a tali beni …”.
Pertanto, appurata la sproporzione tra acquisizioni immobiliari e redditi dichiarati, l’A.G. adita ha opportunamente rimarcato che “ …E’ del tutto inspiegabile come i due coniugi … abbiano potuto, facendosi peraltro carico anche delle spese ordinarie per la sopravvivenza, acquistare fino al 2003 ventuno immobili (per un valore anche di svariate centinaia di migliaia di euro ed anche, in un caso, di milioni di euro)…”. Ulteriormente “ … Resta del tutto incomprensibile, anche a voler prescindere del tutto dai dati statistici dell’Istat in ordine alla spesa familiare annua mediamente sostenuta, come un nucleo familiare di quattro presone abbia potuto sopravvivere negli anni di riferimento pur effettuando gli acquisti e le spese riportati analiticamente …, con l’aggiunta delle ulteriori spese per mantenere detti immobili e detti beni mobili registrati. Analogamente, rilevata l’esistenza di una gran copia di rapporti finanziari riferibili al proposto (in un caso per € 1.004.999,57) ed al coniuge (in un caso per € 1.830.489,50), ha spinto il Tribunale a ritenerli “… inspiegabili a fronte di un saldo che sarebbe dovuto essere ampiamente negativo ove non vi fosse stato il ricorso a redditi non dichiarati (evidentemente di illecita provenienza); tanto alla luce delle spese straordinarie sostenute dichiaratamente (acquisti immobiliari e mobiliarti) e di quelle familiari ordinarie, sostenute necessariamente. …”.
Conclusivamente, “ … Alla luce dunque di tutti gli elementi valutati, emerge dalle indagini di carattere economico-patrimoniale versate agli atti e poste a fondamento dell’istanza in oggetto, deve riconoscersi la illecita accumulazione di beni posta in essere dall’Acri, derivandone che, …, deve disporsi la confisca dei beni … e dei rapporti finanziari, riconducibili ad Acri Giovanni ed al suo nucleo familiare, …”.