Gioia Tauro- la ZES come cavallo di Troia?

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Nelle intenzioni del legislatore, la Zona Economica Speciale (ZES) dovrebbe tornare come strumento utile (ma non vitale, attenzione…) alle imprese allocate in una determinata area, per ottenere incentivi da trasformare in investimenti, agevolazioni doganali e semplificazione delle procedure, oltre che per le esenzioni fiscali delle imposte sui redditi (Irap e Ires) o sulle proprietà (Tarsu e Imu), e ancora tariffe agevolate e riduzione degli oneri.
Nella realtà delle cose, l’area del Porto di Gioia tauro su cui dovrebbe “poggiarsi” la ZES, si è fatta nascondere nei cassetti finanche la “zona franca non interclusa” istituita dall’Agenzia delle Dogane il 1° agosto 2003 con provvedimento amministrativo, ma ad arte, mai utilizzata fino al suo definitivo oblio avvenuto con il nuovo codice doganale del 2016.
Adesso tutti sembrano cadere dal pero: ohibò… avevamo la zona franca e ce l’hanno levata.
La realtà d’area, qui a due metri dall’ex porto più grande del Mediterraneo, racconta una storia differente e aspra, fatta di brandelli di tecnologia, di fibra telefonica che va e viene, di ricordi nostalgici di APQ mai viste e sentite, di intermodalità come spot elettorale da ripetere in loop, di un bacino di carenaggio meglio di un sogno erotico sindacale, e infine, ma molto rilevante, di un retroporto che nasconde negli armadi scalpitanti scheletri pronti a essere tirati fuori da abili mani, come l’ilare proposta della “piastra del freddo” e l’utilissimo rigassificatore (ovviamente utilissimo solo per il proponente LNG MedGas)
Nel 2014, l’ex Commissario Europeo ai Trasporti Siim Kallas, un signore che vede la sua Estonia crescere a ritmi da Formula Uno, ci confermava come tecnicamente “legittime” le aspettative di Gioia Tauro sul riconoscimento della ZES , aggiungendo che “se il Parlamento italiano fosse riuscito in breve ad approvare il progetto, si sarebbe potuto aprire un grande scenario, ossia immaginare la Zes di Gioia Tauro non come un fatto locale, ma come una base logistica internazionale con funzione strategica di collegamento tra il resto dell’Europa e i corridoi marittimi asiatici. In sostanza prevedeva con molti anni di anticipo, un corridoio per la Via della Seta, e magari se la ZES fosse stata realizzata a quell’epoca, non staremmo a maledire (si fa per dire) l’accordo di cooperazione tra Autorita’ di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale-porti di Trieste e Monfalcone e le imprese cinesi.
Purtroppo il Commissario Kallas, non aveva fatto i conti con la generale cialtroneria che anima le italiche vicende: ogni volta che si nomina la Zona Economica Speciale come ennesimo “volanodisviluppo” (da leggersi come termine unico), si cammina infatti sull’orlo di un precipizio.
L’errore più miope e grave per chiunque ci metta le mani, è quello di agganciarla unicamente ai vantaggi fiscali che ne potrebbero derivare, anziché percepirne il vento lungimirante di attrazione per investimenti pregevoli da acquisire, conservare e tutelare.

In più, il Comitato di indirizzo dovrebbe assolutamente curarsi di “pesare” in via preliminare la stessa qualità degli investimenti: in mancanza di una visione nitida, potrebbe infatti arrivare di tutto, dall’azienda che costruisce biciclette alla piattaforma per la lavorazione di rifiuti tossici e pericolosi, mentre – ci permettiamo un suggerimento – sarebbe interessante che la scelta di politica economica convergesse verso un ambito dimenticato, la filiera di trasformazione delle materie prime agricole, in cui la Calabria vanta riconoscimenti in tutto il mondo (dalla cipolla di Tropea, alle patate silane, alla ‘nduja del Poro, solo per fare qualche esempio) in prodotti per l’industria agro-alimentare
Sta tutto qui.
Se dovesse invece prevalere l’attuale trend confusionario del “tutto e subito”, si andrebbe a finire senza ombra di dubbio nella famigerata e sempre attualissima carta assorbente degli interventi a pioggia, tipica di una “cultura economica” approntata dalla Casmez tra il 1950 ed il 1984. E sarebbe un altro buco nell’acqua.

Pino Romeo, urbanista

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