Lo ha stabilito il Magistrato di Sorveglianza di Viterbo in accoglimento del reclamo avanzato dall’avv. Mario Santambrogio nell’interesse del suo assistito Pesce Vincenzo cl. 1959, da Rosarno.
Pesce Vincenzo, condannato alla pena di anni 14 di reclusione in qualità di capo dell’omonima organizzazione mafiosa operante sul territorio di Rosarno, era stato sottoposto al regime di detenzione speciale previsto dall’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario c/o il carcere di Viterbo.
Il condannato aveva avanzato al DAP richiesta di effettuare un colloquio visivo in videoconferenza con il proprio figlio detenuto c/o la casa circondariale di Benevento; tale richiesta veniva respinta dal DAP sul rilievo che la direzione distrettuale antimafia di RC avesse dato parere negativo e che comunque i colloqui in videoconferenza non risultassero disciplinati dal regolamento.
Avverso tale diniego, Pesce Vincenzo proponeva reclamo al magistrato di sorveglianza di Viterbo osservando che la tutela dei colloqui con i familiari non sono sottoposti alla valutazione discrezionale del direttore del carcere il quale è tenuto soltanto a verificare l’ammissibilità della richiesta controllando se l’unico colloquio mensile sia stato eseguito, ma non può formulare valutazioni discrezionali attinenti alla meritevolezza del detenuto o alla pericolosità del familiare.
Il Magistrato di Sorveglianza, dopo aver valutato le personali censure del detenuto e quelle contenute nella memoria redatta dall’avv. Santambrogio a sostegno del reclamo, ha osservato che i gravi motivi di sicurezza non possono prevalere sull’opposta esigenza affettiva del detenuto di coltivare la propria relazione con il figlio, ma devono essere contemperati al fine di ridurre al minimo il rischio di veicolazione di messaggi illeciti; tale esigenza, secondo il Giudice, può essere garantita tramite video ed audio registrazione del colloquio che potrà svolgersi sia a distanza, mediante l’utilizzo di Webcam, sia attraverso il trasferimento di uno dei due detenuti.
Inoltre, secondo il Magistrato di sorveglianza, il diritto del detenuto ad avere colloqui visivi con il proprio figlio dev’essere assicurato con la frequenza di almeno due volte l’anno.