De Masi (sociologo): “L’emergenza Coronavirus ci ha fatto scoprire il telelavoro. In Italia noi lavoriamo il 20% in più della Germania, ciononostante produciamo il 20% in meno perché siamo male organizzati

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Il Prof. Domenico De Masi, sociologo, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta”, condotta dal direttore Gianluca Fabi, Matteo Torrioli e Daniel Moretti su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano.

L’emergenza Coronavirus ci ha fatto scoprire il telelavoro. “In Italia noi lavoriamo il 20% in più della Germania, ciononostante produciamo il 20% in meno perché siamo male organizzati –ha affermato De Masi-. Una di questa forme di disorganizzazione italiana è il non accettare il telelavoro. Fino a qualche tempo fa la maggioranza dei lavoratori erano operai che potevano lavorare solo in fabbrica. Dopo man mano il lavoro si è spostato da fisico, che è stato delegato alle macchine e ai robot, a lavoro intellettuale. Oggi il 70% dei lavoratori lavora con le informazioni. Le informazioni si possono spostare rapidamente da una parte all’altra del mondo a costo quasi zero. Siccome milioni di lavoratori non fanno altro che andare in ufficio per mandare mail, fare telefonate. Tutto questo si può fare tranquillamente da casa, dalla spiaggia, dal bar. Il telelavoro viene fatto per obiettivo. Se un giornalista deve scrivere un articolo entro domani sera, l’importante è che lo scriva, che lo faccia in ufficio o a casa non interessa, al direttore interessa l’obiettivo. Da parte delle aziende italiane c’è una ritrosia nei confronti del telelavoro, non da parte dei sindacati. Col telelavoro la produttività aumenta. Il capo vuole i suoi dipendenti a portata di mano, io la chiamo sindrome di Clinton che voleva la stagista nella stanza accanto. Siamo in balia di manager impreparati ai quali fa spesso da pendant un numero impreparato di sindacalisti. E’ comico che le aziende si stiano accorgendo adesso che esiste il telelavoro”.

Italiani oggi visti come untori di Europa. “Siamo il terzo Paese al mondo per numero di contagi. Noi abbiamo fatto così con la Cina, adesso gli altri lo fanno con noi. E’ probabile che questo morbo scoppi anche altrove e a nostra volta faremo come loro”.

 

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