Lo sport a Reggio, metafora del fallimento di un territorio

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A cavallo tra i due secoli Reggio Calabria si illudeva che la tanto desiderata riscossa sociale, culturale ed economica fosse finalmente arrivata. In riva allo stretto si sognava anche grazie allo sport, la Reggina del presidentissimo Lillo Foti grazie a campioni del calibro di Pirlo, Baronio e Cozza riusciva a battere Juventus, Roma e Milan, nel basket la Viola raggiungeva i quarti di finale scudetto e solo gli arbitri o la sfortuna riuscivano a fermare i cestisti reggini guidati dagli argentini Montecchia, Delfino e dalla futura stella Nba Manu Ginobili, contro le corazzate  Virtus Bologna e Benetton Treviso. Come non citare poi il volley femminile dove Reggio Calabria era il centro del campionato italiano con la Medinex capace di riuscire a portare nella  città dei bronzi uno scudetto (poi non assegnato) e a vincere 2 coppe Italia una supercoppa ed coppa cev, senza dimenticare infine la Cadi Reggio protagonista nella serie A di Calcio a 5.

Erano gli anni in cui la città sbocciava, grazie al compianto Italo Falcomatà, e fioriva definitivamente grazie ai primi anni scopellitiani, in cui Reggio era diventata attrazione per tutto il meridione, ed il dannunziano chilometro più bello d’Italia dopo essere stato per decenni chiuso nei libri di letteratura  è stato finalmente visitato, vissuto e amato da milioni di persone.

Agli inizi del duemila iniziavano i lavori per l’ammodernamento dell’autostrada, e ancora si sperava e si sognava il ponte sullo stretto. Reggio e tutta la sua provincia, stavano vivendo un sogno, finalmente l’Italia ed il mondo sapevano della sua esistenza, dei suoi pregi e delle sue virtù.

Dopo dieci anni il sogno si è tramutato in incubo, si ritrova una Reggio che perde su tutti i fronti, una Reggina in lotta per non retrocedere in lega pro, che sullo stesso terreno di gioco faceva tremare le big del campionato italiano viene sconfitta dallo Spezia, una Viola che arranca in lega silver (la vecchia B1), la Medinex e la Cadi sono sparite. Ma questo è sport si dirà, ci sono cose più importanti. Ovvio, ma la debacle dello sport reggino è lo specchio della sconfitta della città, primo comune capoluogo di provincia sciolto per mafia in Italia.

Reggio che agli albori del secolo sognava la riscossa, si ritrova terzultima nella classifica delle città italiane come qualità della vita, e ultima nella categoria affari e lavoro. Non poteva essere altrimenti in un territorio dove i giovani appena possono scappano e il lavoro è solo un miraggio. Un miraggio così come il completamento dell’autostrada, quasi ultimato solo sulla carta in occasione di cerimonie e svariati tagli di nastri  ma in concreto l’A3 continua ad essere un’odissea. Sul ponte meglio sorvolare.

Reggio e la sua provincia hanno perso su tutti i fronti, i giudizi obiettivi e insindacabili sono sotto gli occhi di tutti, ed in questo caso lo sport non è solo un gioco, ma è la metafora della sconfitta di un territorio.

Angelo Zurzolo

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