Callipo mi ha deluso nella sua analisi della mia proposta, eccessivamente strumentale, travisandone il significato ed estendendolo a contenuti che non sono presenti.
Il mio appello a tutti, e ripeto tutti, i soggetti economici, sociali e politici della Regione, nessuno escluso, non assolvono tout court la vecchia classe dirigente ma anzi pongono le basi per un cambio di passo di cui la nostra Regione ha estremamente bisogno, da un punto di vista politico e amministrativo. Qualunque critica a un tale approccio, senza una controproposta percepibile, è meramente strumentale.
Allo stesso modo quella che Callipo definisce un’“acuta analisi” della situazione italiana chiama alla responsabilità la classe dirigente calabrese così come il Governo nazionale. Non si può tacere su dati di fatto che sono sotto gli occhi di tutti i cittadini, famiglie e imprese calabresi e che per tali motivi hanno bisogno di soluzioni strutturali e di lungo termine. Qui non si tratta di vittimismo, né di meridionalismo dell’ultima ora, o forse il mio approccio è troppo complesso per ridurlo in 140 caratteri. Così com’è complesso prendere le redini della Regione e portarla in Europa, con esperienza e lungimiranza.
La mia proposta apre un confronto su un programma condiviso che fa a meno, e non per questioni anagrafiche, della retorica giovanilistica di slogan senza sostanza. Una retorica che quasi riecheggia il primo Scopelliti.
Come Callipo sa perfettamente, laddove si sia amministrato o ci si è impegnati politicamente si va incontro a successi e insuccessi e sono sempre le storie personali e gli obiettivi raggiunti a parlare. Per queste ragioni non temo il confronto e sono certo che la mia storia, e quella di altri amministratori della Calabria, sia iscrivibile tra gli “amici” della Calabria mentre non avrei difficoltà a individuare qualche giovane e iscriverlo d’ufficio per la propria storia amministrativa tra i “nemici” della Calabria.