Comincia il countdown alle elezioni del nuovo Presidente della Regione Calabria. Gigantografie abusive con sorrisi a trentadue denti, frasi che nemmeno lercio.it, comizi degni dell’interpretazione di Cetto Laqualunque. La solita stantia routine elettorale che non appassiona più, anzi, ci porta ad un sintomo latente di disgusto. Ma si sa, questo è il lavoro del politico medio locale: l’importante è vincere, non per risolvere i mille problemi che attanagliano una regione ormai in stato comatoso, ma per ottenere prestigio personale più di ogni altra cosa. La nota corsa al pennacchio più bello. Ma la colpa può essere data esclusivamente a quanti di loro hanno una smisurata fiducia nel proprio io, oppure dobbiamo guardare al dì fuori del cerchio magico?
Perché, vedete, dobbiamo intenderci. Questi signori non fanno altro che plasmare i loro programmi sulle aspettative degli elettori, ovvero sentendo qua e là quello che il cittadino medio pensa e che vuole sentirsi dire. Ergo, lo show che mettono in campo, ad ogni occasione disponibile, rientra a pieno in quella visione distorta che hanno della politica.
Molti di noi scelgono i partiti e i candidati sulla base della lealtà data a quel partito o “amico”, con la speranza che ci restituisca in benefici il favore di averlo scelto. Siamo noi, con i nostri atteggiamenti, ad innescare il famoso voto di scambio, non nella sua accezione illecita regolata dalle norme del codice penale, ma nella sua versione genuina, lecita che però ha costi altissimi.
Il problema non sono le masse di “politici di mestiere” che si catapultano nel mercato elettorale, ma è la nostra scarsa mobilità al momento del voto. Dove sta scritto che se ieri ho votato partito giallo domani non possa votare partito verde? Se realmente ci vogliamo bene, affranchiamoci dal voto di appartenenza. E non basta farlo esprimendo un cosiddetto “voto di protesta”. Questo è sicuramente un passo importante, una sottospecie di quel tipo di voto che un elettore del duemilaquattordici dovrebbe avere naturalezza ad esprimere: il voto di opinione. Il voto di opinione è il frutto di un cittadino vigile, attento, informato, che non si fa abbindolare facilmente da slogan preconfezionati da cariatidi a-politiche.
Questa sarebbe una rivoluzione culturale, soprattutto nel meridione, che aprirebbe scenari completamente nuovi. Non so se improvvisamente i tempi siano diventati maturi al punto tale da scuotere le coscienze civili dalle catene che si sono sadicamente tenute addosso per tutto questo tempo, ma so per certo che le nuove generazioni vogliono riprendersi il presente. Hanno voglia di chiedere conto a quanti hanno permesso la costruzione di ecomostri che hanno portato solo disperazione in centinaia di famiglie. Hanno voglia di chiedere perché non si è puntato in modo convinto sulle energie rinnovabili, che avrebbero creato occupazione ed indotto per l’economia, abbattuto drasticamente l’inquinamento nel nostro territorio e portato ingenti risparmi nelle tasche di noi cittadini. Hanno voglia di chiedere perché si è barattata la dignità dei molti con lo squallido prestigio dei pochi. Hanno voglia di chiudere con quella politica di matrice cattocomunista che per molto tempo si è nutrita delle paure, delle difficoltà e dell’ignoranza di tante persone oneste.
Quelle stesse persone oneste che hanno, con enorme difficoltà a volte, cercato di dare un adeguata istruzione ai loro figli perché hanno capito che istruzione è uguale a futuro e non ricattabilità.
Per tutti questi motivi, coloro che si fregiano impropriamente del titolo di “Politico”, hanno paura dei giovani che scelgono o sbagliano con la propria testa.
Se così non fosse, beh, allora mettiamoci comodi, ordiniamo un caffè, e assistiamo come le grandi scuderie si rafforzano. Cavalli di razza con completa bardatura, puledri per riempire i box e dare l’idea di “puntare sui giovani” e, malus in fundo, centinaia di ronzini che cercheranno come sempre un posto per esprimere la loro mediocrità e scalciare i cavalli vincenti.
Francesco De Bartolo
Libera Vox