Venticinque persone sono state fermate, nell’ambito dell’Operazione Padrino, questa mattina in esecuzione del decreto emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, da parte della Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato.
Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p., per essere intranei o concorrenti esterni delle articolazioni di vertice della ‘ndrangheta reggina costituite dalle cosche DE STEFANO e TEGANO di Reggio Calabria, favoreggiamento personale e procurata inosservanza pena, aggravati dall’art. 7 della Legge 203/91, in relazione alla latitanza del boss TEGANO Giovanni cl. 1939, vertice indiscusso della omonima struttura criminale, catturato dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, al culmine di investigazioni condotte per lunghi anni, il 26 aprile 2010, in contrada Terreti.
Il boss TEGANO Giovanni cl. ’39,in atto detenuto in regime di cui all’art. 41 O.P., da epoca anteriore al summit di Montalto del 26 ottobre 1969, è stato il capo, promotore e organizzatore della omonima famiglia di ‘ndrangheta, allontanatosi volontariamente dal proprio domicilio fin dal 1985, anno in cui,a Reggio Calabria, imperversava la c.d. seconda guerra di mafia, sottrattosi ufficialmente alle ricerche dell’Autorità dal lontano 1993, allorché, a seguito del processo “Olimpia”, venne colpito da plurime ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, omicidio, violazione Legge Armi ed altro; più tardi, con provvedimento emesso il 17 novembre 2003 dalla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria,l’incontrastato boss mafioso di Archi veniva raggiunto da un Ordine di esecuzione dovendo scontare la pena ergastolo.
Venivano, pertanto, avviate mirate indagini, coordinate da questa Procura della Repubblica, finalizzate sia alla cattura del super-latitante TEGANO Giovanni che alla disarticolazione del sodalizio criminoso facente parte alla omonima cosca mafiosa, attraverso servizi tecnici di intercettazione telefonica, ambientale-veicolare e di video sorveglianza che, unitamente ai servizi di osservazione dinamica, contribuivano alla documentazione di singoli episodi, da considerarsi utili per delineare il contesto associativo e le individuazioni delle singole posizioni.
Le investigazioni consentivano di individuare e delineare tutta una serie di soggetti inseriti nella organizzazione che faceva riferimento alla cosca delinquenziale DE STEFANO-TEGANO e di acquisire notizie aggiornate e dettagliate sui rapporti intercorrenti tra la famiglia originaria dei DE STEFANO e i più stretti congiunti dei fratelli TEGANO che avevano rinsaldato la storica alleanza tra le due famiglie con il matrimonio della nipote prediletta, BENESTARE Antonietta, figlia di TEGANO Saveria, con DE STEFANO Orazio, latitante fino al 2004.
La vasta attività espletata sul conto dei più stretti familiari del latitante, ed in particolare il supporto informativo fornito dalle conversazioni captate attraverso le intercettazioni telefoniche ed ambientali che avevano interessato tutti i familiari ed i più stretti favoreggiatori di questi, consentiva di delineare un quadro aggiornato riguardo ai soggetti che prestavano la loro opera nel favorire qualsivoglia attività della famiglia TEGANO, come se fossero alle dipendenze della stessa e sempre facendo capo alle direttive impartite dai quattro generi.
Fondamentali elementi di responsabilità a carico di diversi dei soggetti colpiti dal Fermo emesso dall’A.G., sono stati attinti dal monitoraggio di un interessante punto d’incontro dei vari adepti della cosca, individuato nel banco dei meloni,sito in località Pentimele – all’interno dello storico quartiere Archi controllato dai TEGANO- gestito da POLIMENI Carmine e dai suoi fratelli, insieme ai cugini MALARA Paolo, Domenico, Marco e Sergio, figli del MALARA Giovanni, inteso u ragionieri,i quali si prodigano per il buon esito degli appuntamenti, mettendo a disposizione la cella frigorifera della frutta, custodendo i telefoni cellulari degli associati durante le conversazioni riservate, prendendo e girando imbasciate e/o pizzini.
Le investigazioni, protrattesi per lunghi anni, consentivano di individuare la cerchia di soggetti affiliati alla suddetta consorteria mafiosa e gli interessi economici della cosca, rivolti nel campo dei lavori e della gestione degli esercizi commerciali, mediante l’inserimento dei propri affiliati, fra cui, in primis, i generi del TEGANO Giovanni, ovvero LAVILLA Antonio[1], BRANCA Edmondo[2],CRUDO Michele[3], POLIMENI Carmine[4] (nei confronti di questi ultimi due si è proceduto separatamente nell’ambito del processo “Agathos”).
Difatti, i servizi di osservazione, effettuati da questa Squadra Mobilenella circoscrizione di Archi, di riscontro alle conversazioni telefoniche ed alle videoriprese,permettevano di delineare il“metodo” che utilizzavano il POLIMENI ed il CRUDO per far giungere le “imbasciate” al cugino PELLICANO Giovanni e, quindi, il ruolo di mediatori che rivestivano il ragioniere MALARA e i suoi quattro figli, tutti raggiunti dal provvedimento restrittivo in parola.
In tali luoghi, veniva ripreso anche CAPONERA Francesco, alias Ciccio “u niuru”, genero del noto BARBARO Carmelo cl. ‘48, già esponente di spicco della cosca DE STEFANO-TEGANO, in atto detenuto in regime di cui all’art. 41 bis O.P.; egli ha condizionato le recenti sorti della‘ndrina di riferimento, divenendo, come si è dimostrato con la presente richiesta, il centro decisionale della stessa, nonché la longa manus del più blasonato suocero, collocandosi al vertice del gotha decisionale dell’organigramma malavitoso riconducibile al cartello criminale DE STEFANO/TEGANO. Lo stesso CAPONERA, grazie alla rete posta in essere dal suocero, ha gestito numerosi canali di approvvigionamento economico del clan di appartenenza nel tentativo di garantirne la sopravvivenza e la transizione.
Un ruolo di rilievo è da attribuire anche al TIARA Eugenio, terminale operativo e decisionale della cosca nella gestione di diversi esercizi commerciali di questo capoluogo,il quale spesso vi sostava per lasciare “imbasciate” destinate al CRUDO Michele tramite i fidati MALARA Domenico e POLIMENI Domenico.
A tal uopo, si rappresenta che il menzionato MALARA apparentemente gestiva soltanto la contabilità delle ditte facenti capo al PELLICANO Giovanni, denominate “Azienda agricola allevamento S. Antonio di POLIMENI Maria” e “Commercio bestiame di Giovanni PELLICANO”, ma l’indagine ha appurato che i contatti intercorrentitra i due celavano interessi che andavano ben oltre il consueto e lecito rapporto di lavoro e che, pertanto, il continuo scambio di documenti dissimulava la consegna di pizzini dal PELLICANO verso il MALARA, da far giungere agli altri consociati.
Per lo stesso reato di associazione mafiosa,è stato sottoposto al Fermo del P.M. anche il fratello,PELLICANO Francesco,medico biologo, Primario del Reparto di Analisi dell’Ospedale di Polistena (RC), dove, in data 12.06.2009, era stato catturato, in stato di ricovero, il pericolosissimo latitante di ‘ndranghetaPELLE Antonio cl. ‘32,alias “Gambazza”, deceduto a Locri il 4 novembre 2009;si è dimostrato che il professionista, sfruttando le proprie funzioni e la sua collocazione sociale, era costantemente nella disponibilità della cosca per qualsivoglia necessità. Complessivamente, le indagini hanno consentito di raccogliere elementi tali da ritenere che i germani PELLICANO fanno parte della cerchia di soggetti “a disposizione” della ‘ndrina per organizzare gli incontri tra i sodali e tra questi e terzi.
Le indubbie capacità di mediazione dei germani PELLICANO in favore di alcune tra le più pericolose e potenti famiglie di ‘ndrangheta di questa provincia (PELLE-GIORGI) e la famiglia TEGANO, individuano negli stessi dei soggetti “a disposizione” della ‘ndrangheta, attraverso le predette articolazioni territoriali per organizzare gli incontri tra i sodali e tra questi e terzi.
Il PELLICANO Giovanni, referente diretto del capo cosca TEGANO Giovanni, di cui ha gestito la latitanza e la trasmissione dei suoi messaggi agli altri associati per la vita dell’organizzazione criminale, è poi il soggetto che, con l’ausilio del menzionato fratello Francesco si è attivato, nel 2010, per raccogliere il consenso elettorale in favore di soggetti politici locali.: non a caso, a Terreti, nel covo del latitante TEGANO, nella medesima stanza in cui veniva arrestato il latitante, la locale Squadra Mobile ritrovava numerosa documentazione elettorale.
La video-sorveglianza del banco dei meloni di Pentimele consentiva anche di accertare i rapporti di frequentazione che intercorrevano tra i generi del latitante ed alcuni soggetti, emersi nel corso della lunga attività investigativa, ritenuti contigui alla cosca TEGANO; infatti, in tale luogo, era spesso presente, oltre a COSTANTINO Stefano, cognato del noto pluripregiudicato POLIMENI Paolo, alias Lucifero, nonché ZAPPIA Vincenzino, già condannato per associazione mafiosa nell’ambito del processo “Olimpia”, personaggio dalla elevata caratura criminale,killer delle cosche DE STEFANO e TEGANO, scampato alla morte più volte nel corso della seconda guerra di mafia, alla quale egli aveva preso parte nelle file dei destefaniani, costituendo un gruppo di fuoco, entrato in conflitto sia con le forze dell’ordine che con i componenti delle opposte consorterie mafiose.
Lo ZAPPIA, secondo quanto svelato dalla presente indagine e confermato da vari collaboratori di Giustizia quali VILLANI, MOIO, FRACAPANE e FIUME, ricorreva, con estrema frequenza, agli incontri tra gli altri associati nei noti luoghi di ritrovo, spesso in compagnia di GIUNGO Andrea, altro soggetto di spessore delle predette cosche; durante tali riservati appuntamenti, ai quali si recava usando la cautela di lasciare i telefoni cellulari a qualcuno durante le conversazioni ed appartandosi in luoghi nascosti, egli gestiva gli affari criminali, di cui parlano i collaboratori già menzionati.
Un altro luogo centrale in cui sono stati raccolti utili elementi investigativi è l’esercizio commerciale “Il Mercatone della Frutta 2”, sito in via Vecchia Provinciale Pentimele di Reggio Calabria, di fatto gestito da POLIMENI Domenico, nato a Reggio Calabria il 16.12.1962 coniugato con SARACENO Rosa (fratello di POLIMENI Paolo classe 1960 inteso “Lucifero”), da suo cognato SARACENO Paolo, nato a Reggio Calabria il 20.07.1973, figlio del ragioniere SARACENO Domenico Paolo classe 1945 inteso “u ragiuneri”, capo indiscusso della famiglia “satellite” POLIMENI – SARACENO.
Fra tali soggetti è emersa anche la figura di MARINO Francesco, genero del ragioniere SARACENO Domenico Paolo, il quale forniva supporto logistico a POLIMENI Carmine ed a CRUDO Michele per favorire la realizzazione di incontri di natura riservata.
Proprio tali intense attività di videosorveglianza, pedinamenti e intercettazioni consentivano di fotografare la rete di soggetti che attraverso un linguaggio cifrato si incontravano per consentire al capo TEGANO Giovanni di guidare la cosca e seguirne gli interessi dai nascondigli dove trascorreva la sua vita da latitante.
Il quadro è stato completato attraverso il monitoraggio di alcuni momenti ritraenti le fasi in cui è avvenuto lo spostamento del latitante da un luogo all’altro, ovvero dall’abitazione dei RICHICHI, sita alcivico nr. 10 della Traversa Plutino Reggio Calabria, alla contrada Terreti, dove verrà catturato.
In tale circostanza, avvenuta il 02.02.2010, la Polizia di Stato documentava l’arrivo nella Traversa Plutino di SICILIANO Giancarlo alla guida dell’autovettura Fiat Panda -figlio di RAPPOCCIO Antonia (titolare di una Sanitaria) la quale risponde di concorso esternoin associazione mafiosa per aver apportato un contributo concreto e specifico nel facilitare gli incontri tra i vari sodali -il quale entrava, in maniera defilata, all’interno dello stabile ed usciva insieme ad una donna, riconosciuta per RICHICHI Giuseppina, con la quale scambiava alcune parole per poi sistemare, frettolosamente ed insieme alla medesima, alcune buste all’interno del mezzo; dopo pochi secondi veniva notata un’altra donna, riconosciuta per MARRA Silvana (figlia della RICHICHI Giuseppina) che usciva dallo stabile portando con sé altre buste che venivano riposte nel bagagliaio della Fiat Panda; ad un certo momento, appariva un soggetto anziano che calzava la classica “coppola” sulla testa,ovvero il “vecchio padrino” TEGANO Giovanni, il quale entrava nella macchina del SICILIANO dopo aver salutato affettuosamente sia la RECHICHI con le sue due figlie, le quali si attivano affinché il trasferimento del latitante avvenisse senza intoppi, accompagnando il SICILIANO nel nuovo covo e utilizzando la loro autovettura (Toyota Yaris) come apripista.
Dall’analisi del tragitto e dei tempi di percorrenza delle auto si deduceva che il Padrinodella ‘ndrangheta calabrese era stato portato a Terreti; non a caso i componenti della famiglia RECHICHI avevano avuto la cautela di non far venire nessuno a casa loro in quel giorno.
Quindi, l’indagine giungeva ad una svolta, al punto che, continuando a seguire i movimenti dei citati SICILIANO e PELLICANO Giovanni,si giungeva ad individuare il covo di Contrada Terreti, laddove in data 26 aprile 2010, secondo un piano d’intervento prestabilito, questa Squadra Mobile effettuava la cinturazione e l’irruzione all’interno dell’abitazione sita al civico nr. 11.
Gli investigatori della Squadra Mobile reggina trovavano all’interno dell’immobile, nel vano adibito a cucina, SICILIANO Giancarlo insieme a MORABITO Giuseppe ed a MORABITO Antonino (entrambi arrestati), nonché SERAFINO Giuseppa e MORABITO Fortunata, rispettivamente moglie e figlia di MORABITO Giuseppe.
Nella stanza adiacente al vano cucina, adibita a soggiorno/salotto, invece, veniva sorpreso POLIMENI Carmine ed il latitante TEGANO Giovanni, il quale tentava invano di nascondersi tra i mobili dell’adiacente stanza da letto dei coniugi MORABITO-SERAFINO.
L’Operazione si concludeva brillantemente con il rinvenimento sulla persona del TEGANO di un borsello, all’interno del quale vi erano una pistola marca Pietro Beretta, mod. 950B, cal.6,35, con matricola punzonata, con il colpo in canna e munita di caricatore, nonché complessivi n. 43 cartucce di cal. 6,35, nonché numerosi biglietti manoscritti.
Nell’ultimo periodo, sono stati svolti ulteriori approfondimenti sulla predetta famiglia di ‘ndrangheta che hanno confermato l’attuale operatività della cosca e gli interessi dei suoi componenti nelle varie attività economiche e nel tessuto sociale cittadino.
Le risultanze investigative cui si è giunti con la presente inchiesta sono state suffragate da fonti collaborative, ovvero da informazioni rese, nel tempo, dai collaboratori di Giustizia,fra cui i noti VILLANI, MOIO, FRACAPANE e FIUME.
Alla luce di quanto appena esposto, sono stati ritenuti sussistenti i gravi elementi necessari per l’emissione di un idoneo provvedimento pre-cautelare, in considerazione della natura della organizzazione criminosa in esame, della quale è stata dimostrata l’amplissima disponibilità di mezzi necessari per garantire anche lunghe latitanze (come quella del TEGANO che, come detto, si è protratta per oltre venti anni), oltre alla disponibilità di tutti gli associati a fornire rifugi sicuri agli indagati, così da rendere concreta la disponibilità di idoneo supporto logistico nella predisposizione ed organizzazione della strategia di fuga; inoltre, la perdurante attività delittuosa dei suoi accoliti ed il conseguente stato di fibrillazione della cosca sono stateulteriormente confermate da recentissime acquisizioni, consistenti in arresti in flagranza di reato per detenzione di armi clandestine e sequestro a scopo di estorsionedi soggetti legati alla menzionata consorteria mafiosa, avvenuti nella frazione Terreti.
Alla fase esecutiva dell’operazione odierna hanno preso parte gli investigatori del Servizio Centrale Operativo di Roma, della Squadra Mobile di Reggio Calabria, con il concorso di pattuglie automontate del Reparto Prevenzione Crimine “Calabria” di Siderno e del V Reparto Volo di Reggio Calabria.
[1] Coniugato con TEGANO Saveria;
[2] Coniugato con TEGANO Angela;
[3] Coniugato con TEGANO Maria;
[4] Coniugato con TEGANO Eleonora.