Los Angeles Times, Vanity Fair, la rivista svedese Dagens Nyheter , The Guardian, tutti incantati nell’ascoltare “Una giovane donna che si ribella alla ’ndrangheta” così come recita la prefazione del suo libro “La mia ndrangheta” scritta a quattro mani con la giornalista di “Io Donna” Emanuela Zuccalà. Tutti a pendere dalle labbra di Rosy Canale, che dal sito della sua associazione Donne di San Luca si descrive così:
“Rosy è una di quelle persone che non ce ne stanno più tante in giro. Una mosca bianca, una sognatrice, una credente!!!
Rosy è una che crede nelle regole, nei valori di una vita sana e cristiana.
Crede che chiunque lavori meriti una ricompensa, un salario equo ai propri sforzi, e che forse gli spazzini dovrebbero guadagnare di più’ degli avvocati. Senza forse…
Crede che i colpevoli debbano essere puniti e gli innocenti non più’ perseguitati, criminalizzati, emarginati.
Crede che è meglio trattare con uno ndranghetista che con un giornalista. Il secondo è molto più’ spietato e delinquente del primo.”
E che scrivendo di sua madre Lidia: “di lei si diceva: «Bucca avi e parola no». Parla poco, ma al momento giusto”.
Quanto scritto sul sito dell’associazione che oggi si sente tradita dalla sua rappresentante fa venire un sorriso amaro.
L’ennesima icona antimafia rimasta impigliata tra le maglie della giustizia, che ha sperperato donazioni di centinaia di migliaia di euro per finalità esclusivamente personali, e che alle preoccupazioni della madre che “parla poco ma al momento giusto” da una risposta non proprio usuale per chi “crede nelle regole, nei valori di una vita sana e cristiana” ossia “Me ne fotto”.
E chissà se in questo momento, la “giovane donna che si ribella alla ’ndrangheta” , è ancora convita che “gli spazzini dovrebbero guadagnare di più’ degli avvocati”, soprattutto perchè “i colpevoli devono essere puniti”.
Angelo Zurzolo