Non sarà un Natale come tutti gli altri. Ogni giorno udiamo queste laconiche frasi da tutti i nostri governanti e scienziati. È il Natale dei mala tempora currunt, contaminato dal Coronavirus. Natale ha per noi tutti una particolare significazione e idolatria, un significante che come direbbe Saussure contiene già il significato di una alchimia ineludibile, quella di un ricongiungimento dei nostri affetti cari che attendiamo con trepidazione ogni anno, come da tradizione. La parola tradizione la cui etimologia deriva dal latino tradere, ovvero consegnare e trasmettere. C’è questa trasmissione affettiva insita nel terminus ad quem del riunirsi. Eppure quest’anno non sarà cosi. Saremo infatti, confinati tranne comprovate esigenze e/o necessità nei nostri luoghi di residenza, senza possibilità di spostamento. Saranno delle feste monche, ma tant’è, occorre rassegnarsi e pensare alla salute e alle sessanta mila vittime sul groppone. Con buona pace di atei e non, di credenti e miscredenti. Le speranze intanto, arrivano in queste ore dalla Gran Bretagna con le prime dosi di vaccino inoculate ai primi due anziani, le immagini dei quali sono divenute virali in tutto il globo. E, il governo? Alle prese con mozioni e beghe istituzionali, con il presidente del consiglio Conte messo sotto accusa dai suoi stessi alleati per la questione da noi già ampiamente trattata in un precedente articolo, circa la gestione del fondo di ripresa e i relativi duecento nove miliardi da destinare allo sviluppo del sistema paese. Saranno quelle natalizie delle celebrazioni solenni, in memoria delle vittime di questo maledetto e subdolo virus. Nella speranza che il nuovo anno porti via gli infausti avvenimenti di un 2020 da dimenticare, degno di damnatio memoriae. Sperando che i nostri sacrifici siano ricompensati da un futuro foriero di pace e prosperità. In un mondo migliore, come sempre auspichiamo.
Francesco Grossi