La ndrangheta controllerebbe anche l’Australia. È questo il risultato di un’inchiesta giornalistica realizzata dai media asutraliani Fairfax Media-Abc Four Corners e durata oltre un anno. Secondo Nick McKenzie, l’autore dell’inchiesta, infatti, gli affiliati alle ndrine australiane ricorrono agli stessi mezzi usati in Italia: “Il gruppo opera ricorrendo alle minacce e alla violenza sia in attività economiche lecite, come il commercio di frutta e ortaggi, sia in quello illegale della droga”.
L’inchiesta, che andrà in onda questa sera alle 20,30 locali (alle 12,30 in Italia), ha scoperto legami tra “riconosciuti e sospetti criminali” appartenenti alla ’ndrangheta e politici di primo piano. Sembrerebbe persino che un uomo “direttamente legato alla mafia (calabrese)” incontrò l’allora primo ministro australiano (1996-2007), John Howard ed altri leader di partito ad eventi di raccolta fondi per il Partito Liberale nei primi anni 2000.. Gli inquirenti hanno scoperto che il figlio di “un sospetto boss mafioso”, un religioso, fece un’esperienza di lavoro all’ambasciata australiana a Roma, quando capo della legazione era l’ex esponente Liberale Amanda Vanstone. Ciò nonostante le autorità italiane avessero condiviso con l’ambasciata le informazioni che aveva sul boss. La stessa politica quando era ministro dell’Immigrazione nel governo Howard fece “ottenere un visto per un boss più tardi arrestato per traffico di droga ed implicato in un assassinio. L’uomo è il fratello di un uomo d’affari conosciuto di Melbourne, con una storia criminale nota in Italia e nel 2005 ottenne il visto per l’Australia per ragioni umanitario”.