Un’organizzazione dedita alla falsificazione di testamenti di anziani per impossessarsi denaro e beni immobiliari, è stata sgominata da carabinieri e poliziotti coordinati dalla Procura della Repubblica di Catanzaro.
I carabinieri della Compagnia di Catanzaro e la Squadra mobile, supportata in fase esecutiva dal Reparto Prevenzione Crimine “Calabria” di Vibo Valentia, tra Catanzaro e Gimigliano, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare – 2 in carcere e 7 ai domiciliari – in esecuzione di emesse dal gip in cui si ipotizzano, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, truffa, falsità in testamenti, riciclaggio ed auto riciclaggio, accesso abusivo a sistema informatico e corruzione. Tra gli indagati anche un avvocato, Elio Raffaele Bruno, ed un dipendente di Poste Italiane.
Secondo l’accusa, alcuni dei componenti individuavano i soggetti in età avanzata, privi di familiari, che avevano a disposizione cospicue somme di denaro depositate alle Poste, mentre altri provvedevano a reperire tutta la documentazione inerente il defunto. Successivamente veniva selezionato un erede ad hoc e contestualmente veniva pubblicato il testamento, falso, e tramite un procuratore speciale appositamente nominato, veniva incassata l’eredità o, come accertato in alcuni casi, c’era il tentativo di riscuoterla. Per fare ciò, prima di incassare l’eredità, gli indagati, secondo l’accusa, aprivano una serie di conti correnti riconducibili ai falsi eredi appartenenti al gruppo o a società false ed inesistenti.
Il dipendente di Poste Italiane, secondo le accuse contestate, accedeva illecitamente ai sistemi telematici interni, ricercando e indicando i soggetti, quasi sempre privi di discendenti diretti e con ampi patrimoni mobiliari, per i quali procedere alla falsificazione, ottenendo in cambio somme di denaro. Complessivamente sarebbe stata sottratta una somma di 1,5 milioni di euro.
Oltre a Bruno sono stati arrestati ai domiciliari Ortenzia Fabiano, Roberto Barbuto, Sonia Matera, Giuseppe Aiello, Sara Moumen, e Gianfranco Cappellano, tutti ai domiciliari. In carcere sono finiti Marco Scalzo, ritenuto il capo dell’organizzazione, e Luciano Crispino, dipendente delle poste.