Palmi, Natale Pace: trent’anni dalla morte di Leonida Repaci quasi il silenzio

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Che Leonida Repaci sia stato in vita un personaggio scomodo lo si sapeva. Lo si apprende dalla storia delle tante polemiche politiche, letterarie, umane e personali che hanno tinteggiato di rosso acceso la sua esistenza, praticamente dai tempi del Liceo Cavour a Torino, delle scazzottate alle quali mai si sottrasse, eppoi all’Ordine Nuovo con Gramsci che vide nell’indomito Alpino, medaglia d’argento sul Grappa nella prima guerra uno spavaldo difensore della redazione dagli attacchi fascisti. Poi vennero i fatti traggici della Varia di Palmi, il carcere, il proscioglimento, la fuoriuscita per dimissioni dal partito comunista che lo accusò di essersi fatto raccomandare da Gaetano Mussolini, della cui famiglia era amico e pediatra il fratello Gaetano Repaci.  Di fatto per tutta la vita Repaci si dovette guardare dalla politica di destra per le sue note posizioni antifasciste, per la sua militanza nella resistenza a Roma, dove lottò strenuamente assumendo il nome di battaglia di Renato Parisi eppoi la candidatura alle politiche del 48. Ma, a causa del suo caratteraccio che lo portò sempre a non tollerare le “cose storte” fecero epoca le accese polemiche col partito comunista, con i socialisti, partecipando alla scissione dell’11 gennaio 1947 al Palazzo Barberini, o quella sul razionamento della carta nel post guerra con l’Unità di Celeste Negarville penalizzante per i piccoli giornali. Inviso a destra, inviso a sinistra, litigioso e linguacciuto, temuto e odiato come Presidente del Premio Viareggio, da lui fondato insieme a Salsa e Colantuoni.

“Terzo: mi ha danneggiato il Premio Viareggio. Debbo questo Premio centinaia di delusi ogni anno che, se potessero, mi caverebbero gli occhi con le unghie. E almeno coloro che la spuntano, i laureati, ci confortassero con il loro attaccamento, con la loro solidarietà. Nessuna illusione da questo lato. Si costruisce sulla sabbia. Ogni anno, a celebrazione finita, comincia il mese dei veleni.” (L. Repaci – Repaci Controluce – Ceschina 1963).

Ma Repaci rischia di subire la stessa sorte anche da morto e probabilmente per gli stessi motivi, per scorie legate agli stessi motivi.

Altrimenti perché, ricorrendo ieri trenta anni dalla morte, non mi è stato dato di trovare un rigo, che sia uno, di ricordo, di commemorazione. Scomodo anche per i giornali, per le televisioni, quegli stessi magarti che da vivo rincorrevano una intervista, pietivano un suo intervento, un articolo. Nulla di nulla. Scomodo da vivo e da morto.

Eppure è certamente indiscutibile il valore culturale di questo grande scrittore, giornalista, resocontista, critico letterario, artistico e teatrale, che dall’enorme successo della tragedia “La Madre Incatenata” al Manzoni di Milano nel 1925, fino a quel 19 luglio del 1985 attraversò ventesimo secolo lasciando una indelebile impronta di stile unica e irripetibile, portando Palmi e la Calabria ad essere conosciute forse e senza forse ancor più di quanto fecero altri grandi letterati e artisti come Alvaro, Boccioni, Cilea. E’ sufficiente ripercorrere la storia stessa del Viareggio per ricostruire un secolo di letteratura e arte italiana.. Chili e chili di pagine scritte, giornali fondati e diretti, racconti di viaggio che, a mio parere, insieme alla epopea dei Rupe e al romanzo La Carne Inquieta, rappresentano il suo meglio.

Da tre anni a questa parte, almeno Palmi, la sua amatissima Palmi, prima Gralimi, Sarmura e Palma, quando il rancore per l’ingiusto carcere gli rendeva invisa la gente, i terrazzani, di questo paese (ma non solo a lui, se è vero che il fratello Gaetano, dopo i fatti del ’25, non volle più ritornarci, neppure per rivedere la madre e di fatto morì lontano senza essere mai tornato), ma dopo adottata a dimora terrena e ultraterrena alla Pietrosa e beneficiaria di tutti i suoi averi (una pinacoteca piena zeppa di grandi pittori e scultori del 9800 e non solo tra cui Modigliani, Guercino, Fattori, Manet, Corot, Fazzini, ecc. – migliaia di volumi, documenti e lo stesso Parco della Pietrosa), Palmi, dunque ha riavviato il colloquio via via sempre più impegnato teso alla conoscenza e valorizzazione delle opere, al rilaqncio di Villa Pietrosa che per suo volere deve diventare un Centro Culkturale di livello nazionale e ancor più. C’è un progetto già cantierizzato, partito tre anni fa con la organizzazione di un mese intero di manifestazioni, trenta giorni, mattino e pomeriggio all’interno dei quali per la prima volta vennero esposti tutti i quadri donati alla Città, perché quelli salvati dalla distruzione di Villa Pietrosa, giacevano da trent’anni imballati nei sotterranei della Casa della Cultura, eppoi venne proiettato il film La Carne Inquieta con Raf Vallone, presente il figlio Saverio e si ricominciò a valorizzare anche Albertina. Poi si decise di far partire il PISL Dorsale da Villa Pietrosa, destinando di quel progetto centinaia di migliaia di euro per recuperare la casa del custode, il casello ferroviario, la strada dalla stazione FF.SS. alla villa e anche l’illuminazione della strada. Il progetto deve prevedere l’assegnazione della Casa del Custode ristrutturata a una famiglia che vi si trasferisca a vivere, attraverso un bando. Senza la presenza vigile di qualcuno che ci viva, qualunque intervento, opera sul parco e sulla villa rischia di subire la stessa devastazione che per tanti anni subì la proprietà.

L’unica celebrazione del trentennale della morte di Repaci è stata organizzata ieri alla Pietrosa con la presentazione del Progetto per la realizzazione del Mausoleo dove traslare le salme di Leonida e Albertina, realizzando il sogno più grande di Repaci per il quale, già nel finire degli anni quaranta fece piantare al cognato Ciccio Parisi un ulivo che facesse da sentinella davanti alla grotta dove voleva riposare da morto. Il progetto ha praticamente il placet delle sovrintendenze perché assolutamente non invasivo e un impegno di finanziamento da parte della Regione.

Oggi, davanti alla grotta di Repaci c’è un grande pino marino, l’ulivo sentinella non si vede; è stato tagliato da qualche mano assassina negli anni della devastazione. Insistono ancora “jettumi”. Uno di questi, il più bello, il più robusto, dovrà essere allevato per recuperare anche questa volontà di Leonida e Albertina.

Fatta la strada, realizzate le tombe e riportati Leonida e Albertina alla Pietrosa, si dovrà mettere mano ad istituire una Fondazione che accomuni il rilancio come grande Centro Culturale della Casa della Cultura, oggi ridotta al lumicino come personale e sicuramente lontana anni luce da come la volle e l’avrebbe voluta Repaci e il Parco Letterario Leonioda Repaci già previsto nel Piano Strutturale Comunale.

 

 

Natale Pace

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