Presa diretta a Gioia Tauro per parlare del rigassificatore. La piastra del freddo? Non esiste

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Nei progetti preliminari del consorzio Iren-Sorgenia relativi al rigassificatore di Gioia Tauro non esisterebbe alcun riferimento esplicito alla tanto declamata “piastra del freddo”, opera accessoria che consentirebbe di recuperare il freddo sprigionato dal processo di rigassificazione per realizzare sostanzialmente una grande cella frigorifera dove conservare i prodotti agroalimentari senza spendere un euro di elettricità, dunque, potenzialmente una risorsa per il territorio.

A sostenerlo, dopo un’articolata analisi, Marcello Brecciaroli, reporter di “Presa Diretta”, il programma d’inchiesta Rai condotto da Riccardo Iacona, in questi giorni a Gioia Tauro per fare il punto sull’impianto cercando di inquadrarlo nel contesto più ampio della strategia del governo chiamata Italia hub del gas, che mira a fare dell’Italia la porta d’ingresso per il gas in Europa.


È una delle dichiarazioni del servizio che andato in onda nella puntata di ieri, lunedì 8 aprile, rese dallo stesso Brecciaroli al giornalista di Gazzetta del Sud, Domenico Latino.

“In un territorio già martoriato come quello della Piana – evidenzia l’inviato – è ovvio che per far accettare un’altra opera industriale pesante siano state promesse delle opere accessorie come la piastra del freddo ma, in realtà, siamo riusciti a scoprire che non c’è alcuna indicazione di chi la farà, si dice solo che loro metteranno il freddo a disposizione di chi eventualmente volesse utilizzarlo realizzando una piastra ma non si fanno carico di costruirla, non c’è cenno su chi possa farla, su chi ci mette i soldi; ciò fa dubitare che possa essere solo una promessa, mai poi promessa di chi? Non si sa bene neanche chi la fa: è una distorsione che aleggia nell’aria da decenni e questo preoccupa tantissimo il territorio perché ovviamente si ha la paura che poi rimanga lettera morta”. Nella strategia energetica del Paese, il rigassifcatore di Gioia Tauro ricopre un ruolo importante perché potrebbe essere il più grande d’Europa e dovrebbe servire ad attirare nuove forniture di gas liquido sia dall’est Mediterraneo che dall’Africa. Parliamo di un rigassificatore onshore fatto su terraferma, tutta la struttura sarà infatti costruita alle spalle del porto, in un’area tra l’altro gravata già da impianti con forte impatto ambientale come il porto stesso o il termovalorizzatore di contrada Cicerna, l’unico della Calabria. “Il rischio – spiega Brecciaroliè che diventi un’ennesima opera di rapina che non lascia niente sul territorio e, soprattutto, che potrebbe rivelarsi inutile anche dal punto di vista strategico. Perché? Il rigassificatore di Gioia, come quello di Porto Empedocle, servirebbe ad aumentare la capacità dell’Italia di ricevere il gas che viaggia via nave che, dopo l’invasione della Russia in Ucraina, ha acquistato una predominanza nel mercato mondiale. Oggi, dati alla mano, per la prima volta nella storia, in Europa arriva più gas via nave che via gasdotto: c’è una crescita esorbitante perché si è capito che i gasdotti legano i Paesi in maniera indissolubile e questo non è invece interesse di chi domina i mari e domina anche le forniture di gas nel mondo. La strategia del governo di riesumare progetti arenati da anni serve appunto a differenziare: noi, però, siamo andati a vedere se veramente è possibile diventare un hub del gas e abbiamo scoperto che, in realtà, i consumi di gas sono in costante decrescita, sia in Europa che in Italia, ciò vuol dire che non c’è un mercato. Ho intervistato Salvartore Carollo, ex manager dell’Eni, e lui stesso si chiede: “ma un hub per vendere il gas a chi?” Per i tedeschi, ad esempio, -conclude Brecciaroli – è molto più comodo fare arrivare una nave direttamente in uno dei rigassificatori che stanno costruendo nei mari del Nord che non far arrivare il gas a Gioia Tauro, rigassificarlo, passarlo via tubo e quindi crearsi una dipendenza dall’Italia…”.

IL RIGASSIFICATORE NON SERVE, C’E’ SOLO FRETTA DI SPENDERE I SOLDI PER REALIZZARLO. RISCHIOSO RIESUMARE PROGETTI VECCHI DI 20 ANNI QUANDO SI PARLA GIA’ DI IDROGENO.

 Motivo aggiuntivo di preoccupazione, secondo “Presa Diretta”, è il fatto che per opere come il rigassificatore di Gioia, facendo parte della strategia del governo, ci sia una gran fretta di realizzarle, anche perché, per finanziarle, si sta cercando di attingere anche ai fondi del Pnrr che sono disponibili però solo per opere che devono entrare in funzione entro il 2027, “praticamente domani – chiosa Brecciaroli. Il dubbio – aggiunge – è che, vista la fretta, si spinga il più possibile per realizzarla lasciando da parte le cose in più come, ad esempio, le opere accessorie”. Riscontri su eventuali criticità legate al rischio sismico a alle attività del transhipment nel porto? “Ho cercato di non concentrarmi sui problemi ingegneristici perché – rimarca il reporter Rai – sono una persona che crede nella scienza e nell’ingegneria e sono certo che per quanto siano difficili i problemi si trova una soluzione, ma per trovare una soluzione ai problemi bisogna prima conoscerli e, allora, l’incognita che ritorna è che, per la fretta, non si faccia un’analisi adeguata dei rischi e non si possa trovare una soluzione tecnica adatta, perciò serve fare molta attenzione e anche tempo”. Brecciaroli ha intervistato, tra gli altri, il sindaco di San Ferdinando Luca Gaetano, “il primo ad esprimere tutte queste preoccupazioni”mentre sulla mancanza di concertazione con il territorio ha sottolineato: “nessuno è mai venuto a Gioia a parlare di rigassificatore per due motivi: uno è che quest’opera era in stand by e quindi, in realtà, non si credeva molto ad un progetto che risale ai primi anni del 2000 quando il paradigma era quello del bengodi di gas dalla Russia che arrivava tanto e a buon prezzo e sembrava infinito, dunque, un rigassificatore non sembrava necessario. Oggi, invece, è stato dichiarato impianto strategico a livello nazionale ed è il secondo motivo per cui nessuno è venuto a parlare col territorio perché non ce n’è bisogno, si superano di imperio tutte le fasi di concertazione. Il discorso è però che quando un’opera va ad incidere su una zona che viene sacrificata deve essere assolutamente certo che quell’opera sia indispensabile per la Nazione: è proprio questo il punto critico, si rischia di danneggiare un territorio per un’opera che in realtà non serve”. Nella puntata di “Presa Diretta” di lunedì, oltre che di rigassificatori, si è parlato anche tanto di idrogeno, nuova risorsa che potrebbe sparigliare le carte e che, guardando al futuro, rappresenta un altro fattore di rischio per cui si rende ancora più non intellegibile la questione energia: “quindi – conclude Brecciaroliandare a prendere opere concepite 20 anni fa in un’epoca diversa senza modificare neanche di una virgola i progetti perché c’è fretta è davvero rischioso”.

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