La lettera integrale del consigliere regionale Orlandino Greco
“Gentilissimi Presidenti,
sento forte l’esigenza di rivolgere un invito d’urgenza per le futuro delle Regioni dell’Italia del Meridione in un momento in cui avanzano nuove prospettive di attenzione e di sviluppo che non possiamo lasciare a modelli calati dall’alto senza la convocazione di tutte le esigenze dei territori. I luoghi che viviamo e abitiamo reclamano un’identità senza rivendicazioni nostalgiche così come al di fuori della “questione meridionale” e da forme d’industrializzazione che fin qui hanno decapitalizzato la ricchezza umana e la bellezza naturale.
Nella mia esperienza da sindaco, seguita poi dalla presidenza del Consiglio provinciale di Cosenza, e adesso come consigliere regionale della Calabria, ho maturato con determinazione la priorità delle politiche territoriali in rispetto delle autonomie. Credo necessaria e irrinunciabile l’urgenza di un’Unione istituzionale delle Regioni dell’Italia del Meridione al fine di arrivare a un collegio costituente che sappia esprimere le proprie risposte e soluzioni su piani e strategie che solo chi abita e vive, a stretto contatto umano leggendo nei volti e ascoltando le voci della gente può capire, ascoltare e assumerne criticamente la responsabilità di realizzare desiderio e soddisfare i bisogni di futuro.
La legalità è fatta di legami. Prima che giuridica, la legalità è affettiva, dice dell’appartenenza e dell’orgoglio che ne fa riconoscere l’identità e l’ospitalità di cui è capace. Sarà allora dapprima da coltivare una legalità d’intenti, di strategie, di politiche sociali, d’imprese emergenti, di scuole di sapere e conoscenza della storia, della cultura e delle vocazioni. L’Italia del Meridione non è più una “questione”, perché è la soluzione degli inciampi di sviluppo che il Paese intero incontra sulla sua strada di partecipazione all’Unione Europea. Solo l’Unione delle Regioni, l’Unione delle autonomie dei territori, può rafforzare, rilanciare, promuove e rinsaldare l’immagine stessa dell’Unione Europea. L’Italia, per la sua configurazione geografica, è come il ponte tra l’Europa e il Mediterraneo, l’Italia del Meridione è come la porta di accesso di un tale ponte che apre nuove prospettive di sviluppo, affrontando anche l’urgenza posta dai richiedenti asilo che sono più ancora richiedenti vita e gioia di vivere lontano da deserti di diritti e cultura di democrazia.
I dati sull’ultimo decennio sul Meridione mostrano quanto si sia allargato lo scarto tra quanto programmato e quanto realizzato. Considerando i soli fondi comunitari si può stimare che essi siano stati utilizzati per evitare una prolungata recessione del Meridione, ma che non siano mai stati determinanti per risollevarne le sorti. Ci sono state differenze essenziali tra le politiche realizzate al sud e quelle del centro nord: nelle regioni del Meridione ci sono stati meno investimenti nel settore dei trasporti, delle infrastrutture sociali, delle città, dei servizi alle persone, dei rifiuti dell’energia mentre sono stati molto più numerosi i trasferimenti alle imprese. Questo dimostra ancora una volta come sia mancato un disegno complessivo che legasse i territori alle opere realizzate, rendendo di fatto le opere realizzate poco incisive per il rilancio del sud. Come se non bastasse, ciò che ha contraddistinto negativamente le politiche legate ai finanziamenti europei sono senza dubbio i tempi di attuazione. Molti degli interventi decisi alla fine degli anni novanta sono ancora in lavorazione. Lungaggini burocratiche, incapacità gestionale e vincoli imposti dal patto di stabilità interno per gli enti locali, hanno di fatto immobilizzato i progetti legati alla programmazione europea. Immobilismo che ha favorito nel tempo l’uso sproporzionato dei cosiddetti “progetti retrospettivi”, una strategia contabile che consente di rendicontare interventi già realizzati, senza contribuire a realizzare progetti per il futuro. E’ il paradosso che diventa consuetudine: in una terra affamata di futuro, si finanziano progetti del passato. Senza considerare poi i vari spostamenti di risorse per finanziare interventi come l’estensione della cassa integrazione guadagno o l’abbattimento Ici sulla prima casa. Provvedimenti che hanno generato spesa senza creare sviluppo.
D’altra parte, il Meridione è rimasto schiacciato dai localismi, spesso tramutatisi in clientelismi e corruttela, dai vincoli burocratici e dall’inadeguatezza della classe dirigente. Ma da questa analisi spietata (che meriterebbe ulteriori approfondimenti), è indispensabile ripartire per scrivere la nuova storia delle regioni del Sud. L’Italia riparte solo attraverso la crescita e lo sviluppo delle regioni del Meridione. Lo sappiamo. Lo sa anche il Governo attuale che porta attenzione nuova sulla “questione” meridionale, ma noi meridionali siamo consapevoli di non essere una “questione”, ma una “soluzione”, per tale possiamo anche definirci antimeridionalisti perché fino in fondo italiani del Meridione.
L’Italia riparte solo se l’agenda del governo, se il “Master Plan” per il Sud, verrà scritta dalle regioni e non dal centro, solo se saranno i presidenti delle Regioni, delle province e i sindaci a dettarne i contenuti. Si tratta quindi di invertire una rotta centralista verso cui da decenni sono indirizzate le politiche per il sud. Non si tratta di esportare un modello già attuato altrove, ma di proporne uno innovativo che valorizzi i territori e le comunità. Oggi tocca ai presidenti delle regioni meridionali scrivere il futuro del Paese, partendo dal sud. Senza secessioni, né rivendicazioni, ma senza accettare passivamente l’ordine controllato di sviluppo indicato da Roma.
Sarei felice di avere la vostra disponibilità per un incontro operativo in cui poter redigere un’agenda programmatica che sintetizzi gli obiettivi delle Regioni del sud e individui un percorso concreto di unificazione, non più solo geografica, dell’Italia. In tal senso, propongo di tenere un primo incontro proprio in Calabria, che assume il grado simbolico della devastazione economico sociale prodotto fin qui dalle politiche di assistenza e non sviluppo dell’invenzione della “questione meridionale”.
Sono certo che il presidente del Consiglio Renzi, che tra le sue caratteristiche ha sempre mostrato una spiccata capacità intuitiva e lungimiranza, saprà cogliere e approverà questo processo di fondamentale importanza per lo sviluppo del Paese e per la valorizzazione dei territori”.