Di seguito l’intervento in consiglio comunale del dott. Alessandro Cannatà del gruppo consiliare “Per Cittanova”
Signor Presidente, Signori colleghi,
intorno al disegno di legge “Cirinnà” sono state spese tante parole. Quella più ricorrente è stata “diritti”. Ma diritti di chi? Degli adulti. Come il diritto dell’adulto ad avere un figlio. Noi, invece, vogliamo parlare dei diritti dei più piccoli, dei bambini. Il punto più dibattuto è proprio quello che riguarda le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso. Questa proposta di legge, nata per il riconoscimento dei diritti dei singoli e delle unioni tra persone dello stesso sesso da una parte e delle convivenze di fatto dall’altra, ha perso la sua natura originaria introducendo un altro “diritto”, quello alla genitorialità, che è inopportuno.
Con l’introduzione delle adozioni da parte di persone dello stesso, o della stepchild adoption, questo disegno di legge ha snaturato il ruolo di riconoscimento dei diritti civili della convivenza. La nostra cultura ci chiede di difendere l’unicità della famiglia e di rispettare i dettami previsti dalla nostra Costituzione. La famiglia è un istituto che non può essere assolutamente confuso con quello delle unioni civili.
Per questo credo bisogna opporre tre no alla “Cirinnà”:
1) Il primo no è all’equiparazione dell’unione civile con il matrimonio. Farlo equivarrebbe a svilire il valore della famiglia tradizionale e del matrimonio che è difeso, per come sappiamo, dalla nostra Costituzione. L’istituto del matrimonio non può essere confuso con altre situazioni, che pure vanno disciplinate. Si tratta di dare alla famiglia un valore da tutelare e non da stravolgere. Ritengo, personalmente, che sulla scia del grande atteggiamento di apertura su alcuni temi, sia positiva una legge che deve rimuovere eventuali discriminazioni ma non introdurre il diritto alla genitorialità
2) L’art. 5 della Cirinnà consente di adottare un figlio biologico del partner anche alle coppie dello stesso sesso. Ma questo è una novità, per me inopportuna, per la nostra Costituzione: basti pensare che non più tardi del 2010 la sentenza n. 138 della Consulta ha sottolineato come matrimonio e famiglia possono essere attribuiti in via esclusiva all’unione di due persone di sesso opposto. Per cui il diritto alla genitorialità non può prevaricare il diritto del minore ad avere una mamma ed un papà. L’art. 5 apre un varco pericoloso, anche per la conseguente pratica dell’utero in affitto. Mai nella storia repubblicana è stata introdotta una norma che sancisce il diritto alla genitorialità senza tenere conto del diritto del minore. Forse anche per questo il Presidente della Società Italiana di Pediatria ha scritto:” Non si può escludere che convivere con due genitori dello stesso sesso non abbia ricadute negative sui processi di sviluppo psichico e relazionale nell’età evolutiva”. I diritti dei figli, dei più piccoli, non possono essere subordinati e schiacciati dai diritti della coppia, qualunque essa sia, eterosessuale od omosessuale. Crediamo che bisogna rimettere al centro i diritti del minore.
3) Il terzo no è all’utero in affitto. In Francia è stata lanciata la Carta per l’abolizione universale della maternità surrogata. Si tratta di un documento che mette al bando globale la pratica dell’utero in affitto. La procreazione non deve diventare un mercato. Al di là di ogni convinzione credo che dietro questa sacrosanta battaglia ci sia il diritto della donna, di ogni donna, a non trasformarsi in un oggetto di mercato. Così come un bambino non può essere ceduto come se fosse una cosa, allo stesso modo il corpo di una donna non può essere oggetto di baratto, come se fosse una merce. Difendiamo la dignità della donna! I bambini non possono essere ignorati, non si può “rottamare” la famiglia!