Conia non tratta con i partiti, ma parla alla sua gente. Le dimissioni da sindaco sono ancora sul tavolo, ma si aprirebbe uno spiraglio sull’eventualità di ritirarle. Ieri sera, nell’aula consiliare cinquefrondese, e soprattutto in diretta streaming, Michele Conia ha portato avanti un autentico “one man show”, spiegando a cuore aperto i motivi per i quali ha deciso di dimettersi da sindaco di Cinquefrondi. Il sindaco di Rinascita ha parlato a braccio per quasi due ore, è entrato in tutte le pieghe della situazione amministrativa e politica della sua città, ha persino puntato il dito contro qualcuno della sua maggioranza, che però è rimasto innominato. Prima del vero show down, Conia ha puntualizzato alcuni cardini essenziali della sua azione da primo cittadino. Ha chiarito che si è assunto la responsabilità di mostrare anche la faccia “cattiva”, allorquando si dovuto sobbarcare l’onere della salvezza dell’ente dal dissesto. Sui ruoli dell’acqua ha chiarito che la gestione “allegra” dei tributi ha mali antichi, che con un lavoro di mediazione ai fianchi di Sorical e dell’agenzia della riscossione ha potuto tagliare il debito. Così come per la questione dell’aumento del costo per la gestione dei rifiuti. Conia ha colpito durissimo la regione Calabria, rea di aver alzato la tariffa in maniera immediata e senza preavviso a quei comuni che ancora non hanno raggiunto un target di differenziata stabilito. Il sindaco ha deciso di mollare anche perché il bilancio comunale è stato azzerato in quelle voci che permettevano alla giunta di aiutare singoli cittadini in difficoltà e associazioni culturali e sportive. È stato un attacco durissimo a tutto il Pd di governo: dall’esecutivo nazionale, a quello regionale, fino alla città Metropolitana.
Ma è sulla parte politica che il lungo monologo del sindaco ha raggiunto l’acme. Egli ha proposto una metafora vivida: «io non abbandono la nave che affonda. Anche se essa è in difficoltà io resto, ma solo nell’interesse dei passeggeri, che hanno pagato un biglietto, dando fiducia all’equipaggio e condividendo una rotta ben precisa». Il problema politico è proprio la rotta. «Se qualcuno dei marinai ha deciso di cambiare la rotta, ha deciso di preparare una scialuppa, io non sono colpevole, io devo richiamare alla nascita di questo progetto, votato dai cittadini, che hanno pagato il biglietto su questa nave per andare in una direzione chiara». Conia colpisce al cuore l’Innominato, gli ricorda che Rinascita non è un partito che si allea, ricorda a tutti – finanche a Nino De Gaetano tra il pubblico – che non ha scelto di passare nel PD perché aveva idee diverse. Ha censurato pesantemente l’Innominato quando gli ha ricordato che un sindaco non va lasciato solo quando deputati (del PD) lo hanno attaccato su questioni come la stabilizzazione degli Lsu/Lpu, o quando lo hanno definito «il peggior sindaco della storia di Cinquefrondi». Conia ha, poi, alzato il tiro: «Io non caccio nessuno, ma c’è qualcuno che deve capire cosa vuole, che deve chiarire se su quella nave ci vuole stare e se vuole andare nella stessa direzione che hanno stabilito i passeggeri ed i marinai». Conia, ieri sera, ha avuto l’innegabile merito di consegnarsi all’abbraccio sincero e sentito della sua gente, a parlare da sindaco senza casacca, e senza il filtro della mediazione dei partiti. Come però egli stesso ha ammesso, quando ha ricordato che fa politica da quando ha 16 anni, ha giocato bene a stanare i suoi avversari interni. E sono interni perché ha provveduto a ringraziare per il confronto sincero i suoi due oppositori ufficiali: Marco Cascarano del centrodestra e Michele Galimi del Pd. Ha, quindi, aperto il suo pantheon citando Di Vittorio, Gramsci e Berlinguer, ed ha mandato un messaggio chiarissimo a tutto il centrosinistra. «State attenti, perché delegittimando me si colpisce un sindaco della sinistra. Ed ecco perché poi la gente non capisce e vota altrove». Se Conia ha voluto tastare il polso alla “sua” Cinquefrondi, di sicuro ieri sera ne è uscito vincitore. Ora la palla passa dentro la sua maggioranza, e nel castellaccio dell’Innominato, che dovrà fare un passo in avanti, o magari indietro. Le dimissioni di Conia, dopo ieri, sono appese ad un filo, quello della sua maggioranza.
Domenico Mammola