L’Aspromonte conserva ancora vaste aree ben conservate e poco alterate, tra cui molte foreste strutturalmente evolute. Della scoperta di importanti popolazioni di coleotteri protetti in Europa, come Rosalia alpina, Cerambyx cerdo e Osmoderma italicum, si è già detto in precedenti occasioni e se n’è discusso anche in un recente congresso sulla Biodiversità che si è svolto a Matera nel 2016.
Gli studi entomologici avviati nel 2015 dal Parco Nazionale dell’Aspromonte, coordinati da Antonino Siclari, Responsabile del “Servizio Biodiversità” dell’EPNA, dall’entomologo Alessandro B. Biscaccianti e dai suoi collaboratori Carmelo P. Bonsignore, Elvira Castiglione e Francesco Manti, hanno permesso di accertare, sinora, la presenza di circa duemila specie di coleotteri, di cui oltre cinquecento associati al legno morto e agli alberi vetusti, vale a dire oltre un quarto dell’intero patrimonio nazionale.
Molti di questi coleotteri sono minacciati o a rischio di estinzione, secondo i criteri stabiliti dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN) a livello planetario.
Ma altre creature attendono ancora di ricevere il giusto riconoscimento.
In Aspromonte, infatti, sono diverse le popolazioni di insetti appartenenti a specie rare, alcune presenti proprio grazie alla buona conservazione delle nostre foreste, che meritano studi approfonditi e specifiche azioni di tutela.
E’ il caso dei rari buprestidi Eurythyrea quercus ed Eurythyrea austriaca, degli splendidi cetonini Protaetia aeruginosa e Protaetia affinis, dei meno appariscenti ma altrettanto importanti Clinidium canaliculatum, Omoglymmius germari, Platydema europaeum, Tetratoma tedaldi appena scoperti in diverse località dell’Area Protetta. Queste entità stanno altrove scomparendo a causa della rimozione degli alberi vetusti e cariati, dei grossi tronchi morti e, in generale, a causa della semplificazione strutturale delle foreste e della loro frammentazione. Ma in Aspromonte sembrano essere al sicuro.
E’ utile ricordare che nei boschi naturali, il legno morto (tecnicamente “necromassa”) e gli alberi vetusti, cavi e deperienti, svolgono un ruolo ecologico importantissimo; essi sono utilizzati come riparo, sito di nidificazione o di foraggiamento non solo dagli insetti ma anche da un elevato numero di vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi). Per contro, la “pulizia” del bosco dal legno morto e dagli alberi vetusti e debilitati, provoca invariabilmente l’estinzione di un gran numero di specie, non solo di insetti ma anche di vertebrati, piante e funghi; di fatto scompaiono gran parte delle specie sensibili alle alterazioni ambientali, favorendo al contempo il proliferare di quelle più generaliste, che spesso sono anche le più dannose, e l’ingresso di quelle alloctone e invasive.
Negli ultimi anni, grazie all’inserimento, anche in Europa, della necromassa fra gli indicatori della Gestione Forestale Sostenibile, l’importanza di questa componente legnosa per la conservazione della biodiversità è stata riconosciuta a pieno titolo. Parallelamente si è iniziato a dare la giusta importanza alle specie legate al legno morto, anche a livello normativo nazionale e internazionale (Direttiva Habitat, Liste Rosse IUCN, Strategia Nazionale per la Biodiversità, ecc.). Il legno morto, quindi, è tutt’altro che un fattore di disturbo o un indice di trascuratezza del bosco; rappresenta, invece, uno dei più importanti parametri per valutare il grado di naturalità e di stabilità degli ecosistemi forestali.
E’ in ossequio a questi orientamenti che il Parco Nazionale d’Aspromonte valorizza e garantisce la presenza della componente “necromassa” all’interno dei boschi e la complessità strutturale degli ecosistemi forestali; al tempo, l’Ente promuove a svolge specifici studi sulla biodiversità entomologica nella consapevolezza che il monitoraggio degli insetti costituisce un importante indicatore per valutare lo stato di conservazione e di naturalità delle nostre foreste.