Riceviamo e pubblichiamo
A chiusura della campagna olearia è il momento di fare un primo bilancio per contribuire ad offrire una visione d’insieme dell’olivicoltura pianeggiana.
Fino a qualche anno addietro l’olivicoltura era la principale fonte di reddito per la popolazione della Piana di Gioia Tauro. Interi comuni alle pendici dell’Aspromonte avevano l’economia incentrata esclusivamente sulla produzione oleicola, tanto che anche le scelte di vita e sociali risentivano gli effetti dell’attività agricola. Addirittura anche le nascite, i matrimoni e le costruzioni edilizie avevano un andamento complementare alle “annate di carica” oleicola.
Purtroppo gli effetti della crisi hanno ridimensionato moltissimo la portata economica, sociale ed occupazionale del settore al punto che oggi l’olivicoltura riveste un ruolo marginale nella pur limitata economia del circondario.
Un paradosso triste e difficile da accettare è determinato dalla circostanza che la marginalizzazione dell’olivicoltura è avvenuta nonostante vi sia da registrare un costante, continuo e perdurante incremento della qualità del prodotto.
Quest’anno, anche in virtù di un andamento climatico particolare, con un’estate secca e caldissima che ha debellato gli attacchi di mosca, la produzione pianeggiana è da annoverare nelle eccellenze qualitative. Produrre olio extravergine di altissima qualità è stato un fatto ordinario e diffuso e la circostanza che per ottenerlo non si siano dovuti effettuare trattamenti di difesa lo rende eccellente anche dal punto di vista “biologico”.
La dolente nota riguarda il prezzo all’ingrosso, assolutamente troppo basso per poter compensare i fattori della produzione. Purtroppo le odierne quotazioni locali 230,00 €/ql sono offensive dello sforzo e dell’impegno necessari alla produzione e pongono con estrema drammaticità il problema della valorizzazione di un prodotto che, purtroppo, è ancora soggetto ad ingiustificate discriminazioni storiche, superate ormai da decenni.
Gli enti pubblici che operano nel settore agricolo, le associazioni di produttori e tutti i protagonisti della filiera produttiva olivicola hanno il preciso dovere, quantomeno di proporre azioni e strategie volte a porre fine a questo assurdo ed inaccettabile declino produttivo, economico ed occupazionale.
Oggi più che mai è necessario investire nella promozione commerciale, nel confezionamento e nella distribuzione del prodotto. In una terra povera di risorse e ricca di disoccupati non è accettabile assistere inermi al continuo affievolirsi della portanza economica di un settore che, al contrario, ha grandi potenzialità di miglioramento e di sviluppo.