Aspettative di vita sempre più prolungate, milioni di pensionati da mantenere e previdenza sociale al collasso. È questo lo scenario attuale, soprattutto in Italia, che secondo le statistiche dell’Istat risulta essere una delle nazioni con la media anagrafica più alta in assoluto.
Le stime aggravano ulteriormente il quadro, se si pensa che nel 2065 gli uomini raggiungeranno gli 86 anni di aspettativa di vita media, mentre le donne raggiungeranno quota 90. Se guardiamo al dato puro, i numeri non possono non considerarsi positivi, ma solo a condizione di poter contare su condizioni di salute accettabili e su finanze in grado di sostenere le crescenti necessità. Se consideriamo però l’attuale situazione della previdenza sociale e i contributi che le nuove generazioni tardano a versare a causa del precario sistema lavorativo, è facile notare che la situazione non è delle più rosee. Una delle alternative a disposizione per guardare al futuro con maggiore ottimismo sono le forme di previdenza complementari ed integrative. Si tratta di strumenti finanziari ad erogazione volontaria che il lavoratore decide di sottoscrivere per contare su una pensione più cospicua.
Ad attirare l’attenzione degli italiani su queste tipologie di prodotti anche la deducibilità fiscale, che consente di recuperare una buona parte di quanto versato e di poter contare su un innalzamento del tenore di vita al raggiungimento dell’età pensionabile. Fondi pensione aperti e chiusi, pensione complementare, piani individuali pensionistici e altre forme di previdenza alternativa sono a disposizione di qualsiasi lavoratore, sia autonomo che dipendenti, ma sono particolarmente appetibili per i giovani lavoratori che, potendo puntare su orizzonti temporali discretamente lunghi possono concedersi di mantenere rate accettabili e di accumulare discrete somme.
Se però fondi pensione aperti e chiusi presentano un numero maggiore di vincoli, i piani individuali pensionistici consentono maggiore flessibilità all’utente, che può decidere di versare in qualsiasi momento, di interrompere il flusso di versamento o di aumentarlo. Più difficile, in ogni caso, prelevare l’ammontare accumulato o una parte di esso prima dai termini stabiliti dal contratto sottoscritto, anche se non mancano le alternative legate ad esigenze straordinarie, come possono essere problemi di salute, ristrutturazione della casa e spese impreviste di grande portata. L’ulteriore vantaggio di questi strumenti finanziari resta la possibilità di trasferire la pensione integrativa ai famigliari nel caso in cui l’assicurato deceda prima del raggiungimento della pensione. Qualcosa di simile accade anche nel resto d’Europa, dove i PEPP assomigliano nella forma ai PIP italiani e garantiscono la portabilità a livello continentale.
Al netto di imprevisti legati allo stato di salute del sottoscrittore e ad eventuali spese impreviste, la domanda più frequente è la “solita”: quanto bisogna versare per garantirsi un assegno pensionistico dignitoso? Secondo le stime probabilistiche della società di consulenza ed educazione finanziaria Progetica, considerata l’età del lavoratore, i contributi da versare, i possibili rendimenti del fondo e il tasso di crescita dello stipendio dovuto ai vari scatti d’anzianità, a 30 anni un lavoratore può versare 100 euro al mese per ritrovarsi con oltre 1000 euro al mese da gestire durante la pensione. Se il sottoscrittore ha invece 40 anni, si troverà ad investire il doppio per raggiungere lo stesso obiettivo.