La carcerazione sofferta all’interno della sezione 41-bis del carcere di Cuneo (nel periodo antecedente la sua chiusura) è illegittima, foriera di trattamenti inumani e degradanti e giustificativi del rimedio risarcitorio previsto dall’art. 35-ter dell’Ordinamento Penitenziario. A stabilirlo è stata la I^ Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione (num. 6308, anno 2019), la Quale, accogliendo il ricorso presentato dagli Avv.ti Mario Santambrogio e Giuseppe Pirozzo nell’interesse di P.F. cl. 78 (detenuto a Cuneo dal 18.08.2011 al 23.06.2015), ha annullato, con rinvio, un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari (competente in ragione dell’attuale detenzione) che aveva invece giustificato condizioni di detenzione oltremodo afflittive e contrarie alle recenti disposizioni della CEDU. I due penalisti, richiamando l’orientamento, anche comunitario, secondo il quale anche qualora non si tratti di una situazione di sovraffollamento carcerario, si deve comunque compiere una valutazione complessiva delle condizioni della detenzione, onde verificare se sussistono gli indicatori di trattamento inumano o degradante secondo i parametri offerti dalla giurisprudenza Cedu, hanno sottoposto all’attenzione della Suprema Corte di Legittimità i rilievi per cui il trattamento detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis dell’O.P., seppur -per sua natura – particolarmente restrittivo, non prescrive comunque il divieto di aria e luce naturale in cella (necessità imposta, al contrario, dalla disposizione di cui all’art. 6 del D.p.R. 230/200) o la totale assenza di condizioni igieniche adeguate, di un sufficiente servizio sanitario, della possibilità di accedere a lavori, ad attività trattamentale o a corsi di istruzione e di fruire dei colloqui previsti. Condizioni, peraltro, che hanno assunto, per il caso di specie, carattere maggiormente stringente, atteso che il detenuto in esame era costretto a trascorrere complessivamente 22 ore al giorno in cella (una condizione, quindi –permanenza all’aperto per meno di due ore al giorno – di per sé già degradante). Gli ermellini, dunque, condividendo in pieno le argomentazioni rassegnate dai due penalisti rosarnesi, hanno censurato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari, disponendo un nuovo giudizio esteso ad una valutazione complessiva – e sempre ai fini risarcitori – delle condizioni di detenzione e della sottoposizione alle stesse per più di 22 ore al giorno.