La Zona Economica Speciale a Gioia Tauro non è ancora realtà, ma in Calabria si è aperta una discussione pubblica sull’eventualità di avviare la richiesta per l’istituzione sul territorio calabrese di una seconda Zes. La politica e gli amministratori locali territorialmente interessati, dopo il varo del Decreto Sud e in attesa dell’ok definitivo della Commissione Europea, stanno cercando un punto di incontro per sostenere questa ipotesi.
Per quanto ci riguarda, fermo restando che la creazione di una seconda Zes in Calabria non può che essere un fatto positivo, utile a favorire la crescita e lo sviluppo sociale della nostra regione e che la giustezza delle richieste che si levano dai territori calabresi, impongono al presidente della giunta regionale il dovere di esplorare con il Governo, fino in fondo tale possibilità. Non vorremmo però, che il dibattito in corso, faccia perdere di vista a tutti quanti, l’urgenza di approfondire gli aspetti concreti di questa misura, che se correttamente realizzata, potrebbe rappresentare la chiave di volta di un territorio in perenne ritardo rispetto al resto della nazione.
Non vi è dubbio, infatti, sul fatto che la Zes rappresenti una grossa opportunità per la Calabria. Del resto le esperienze già consolidate di questo strumento, anche a livello internazionale, dimostrano come questa sia una misura che favorisce la coesione territoriale e la crescita di competitività dei territori che, prima della concretizzazione di questo provvedimento, si trovavano in una situazione di depressione economica ed occupazionale.
Ma è bene sottolineare, che la Zes può rappresentare una occasione solo a condizione che, anche davanti alla comparazione con le altre esperienze presenti sul territorio europeo, diversi aspetti vengano migliorati. Intanto, un’attenzione particolare deve essere riservata alla governance di questo strumento. Il sistema di conduzione della Zona Economica Speciale dovrà essere inclusivo e all’interno del “Comitato di indirizzo”, dovranno trovare rappresentanza tutti gli attori sociali ed economici che sono direttamente interessati alla corretta applicazione delle misure previste dalla Zes.
Il Governo deve inoltre, compiere uno sforzo che vada nella direzione di un concreto aumento delle risorse economiche e della durata temporale di questa misura, in modo tale da garantire alle imprese che già insistono o che si insedieranno nell’area, la possibilità di strutturare nel tempo programmi e progetti industriali di lungo periodo.
Per quanto riguarda, invece la semplificazione delle procedure previste nella Zes, èimportante verificare che essa, non vada ad impattare negativamente in materia di diritti del lavoro, salute e sicurezza ambientale e di prevenzione alle infiltrazioni della criminalità organizzata.
Infine per diventare concretamente produttiva, la Zes ha bisogno di essere combinata con politiche nazionali e regionali, politiche del lavoro, politiche infrastrutturali e per lo sviluppo economico e produttivo, che siano complementari rispetto allo strumento prospettato.
Ambiti di intervento di sostegno alla Zona Economica Speciale, che vanno tradotti in concreto sul territorio, attraverso una politica industriale regionale che, da tre anni a questa parte, è la vera assente dai tavoli di discussione con il governo regionale. Un vuoto reso ancora più evidente dalla vicenda “Tua”, la piccola autovettura realizzata in Puglia, che rappresenta l’essenza di questo ragionamento, l’emblema dell’incapacità di far fiorire nell’area industriale di Gioia Tauro l’investimento per la creazione della piccola utilitaria, finendo per mortificare, fino a farlo affondare, il progetto di creazione in Calabria di una filiera dell’automotive.
Se l’insieme di questi aspetti non vengono focalizzati e attenzionati , la Zes rischia di rimanere un contenitore vuoto come i tanti altri che abbiamo conosciuto in Calabria. Ed è bene evidenziare che i primi a fare le spese del mancato sviluppo dello strumento governativo saranno i 377 lavoratori licenziati da Mct al porto di Gioia Tauro. In quell’area, infatti, il programma di sviluppo va a rilento, l’Agenzia di somministrazione va a rilento e l’azienda di fatto ha scaricato il costo sociale di questa operazione sul territorio. Non può passare in secondo piano, il fatto che la possibilità di ricollocazione di questi lavoratori è direttamente proporzionale allo sviluppo di attività imprenditoriali all’interno della Zes.
Dunque il progetto di rilancio competitivo della Calabria ha bisogno di misure di intervento nazionali e regionali che siano coerenti tra loro e abbiamo come fine ultimo la crescita di competitività del territorio. E in questi tre anni di governo regionale purtroppo, è mancata una vera regia istituzionale capace di mettere in comunicazione il mondo dell’impresa, quello della disoccupazione, quello dei giovani; una regia capace di saper gestire nel modo migliore i programmi di investimento nazionali ed europei.
La Calabria ancora aspetta il varo di politiche del lavoro e della formazione che puntino alla crescita professionale degli occupati, alla riqualificazione di coloro che hanno perso il posto di lavoro e siano da incentivo per i giovani che sono in cerca di occupazione. Questo territorio è ancora in attesa di serie politiche di supporto alle imprese dinamiche. E’ concreto il rischio che anche il piano “Industria 4.0” finisca nel limbo di una regione che, di questo passo, non sarà in grado di predisporre le condizioni per affrontare al meglio le sfide che la quarta rivoluzione industriale lancia al Paese, al Mezzogiorno e alla Calabria. In questi mesi, è mancato un indirizzo capace di sostenere le filiere produttive dell’agroalimentare, dell’artigianato e anche quando si parla di crescita del turismo questa appare una crescita di riflesso. I servizi alle imprese non sono migliorati. Il Por Calabria, poi, necessita di una forte accelerazione della fase di attuazione dei programmi e degli investimenti.
Per quanto riguarda, le politiche dei trasporti dobbiamo evidenziare che, rispetto al passato, qualcosa di nuovo è stato fatto, per quanto concerne la programmazione e la pianificazione degli interventi, adesso necessità una decisa accelerazione nella fase di realizzazione delle opere, aspetto sul quale mancano ancora chiarimenti precisi, in ordine a tempi e priorità. Ci chiediamo, ad esempio, che fine abbia fatto il progetto dell’alta velocità, nella convinzione che la Calabria non può rilanciarsi se rimane tagliata fuori da questo importante nodo trasportistico di persone e merci.
I report, i cantieri, le conferenze stampa che la Regione ha prodotto in questi anni, che possono essere considerati positivi dal punto di vista della comunicazione, stridono fortemente rispetto a quella che è la realtà delle cose in Calabria, dei disoccupati che aumentano, dei giovani che lasciano questa terra, dei poveri che avanzano, delle imprese che stentano a crescere.
Tutti questi aspetti impongono un cambio di rotta alla giunta regionale, cosa che noi chiediamo insistentemente da diverso tempo. E’ finito il tempo degli annunci, ora bisogna passare ai fatti concreti ed efficaci. In caso contrario, davanti al malcontento crescente, la mobilitazione appare sempre più l’unico strumento perseguibile per far comprendere al governo regionale che la Calabria ha bisogno di opere finite e non di cantieri infiniti.
Santo Biondo