Se le previsioni giornalistiche fossero preveggenza, il mondo, probabilmente, sarebbe un libro, in cui poter saltare liberamente al finale. Così non è. Ma analizzare l’oggi e pensare a come si potrebbe evolvere il domani è forse un dovere per chi scrive.
L’Italia in questo momento è un rebus politico, sociale ed istituzionale. In molti pensano, forse a ragione, che la prossima primavera ci saranno le chiavi per aprire la scatola del Belpaese.
Probabilmente non è così. Il 2019 sarà, invece, l’anno decisivo per l’Europa e il mondo.
Partiamo dall’Italia. Nel nostro Paese a marzo/maggio si andrà al voto per il rinnovo del Parlamento, ma le elezioni potrebbero non essere decisive. Com’è ormai noto, il nostro Paese non è più basato sulla competizione tra due poli (centrodestra e centrosinistra) ma ha una logica tripolare: centrodestra, Movimento 5 Stelle e Pd. Esercizio puramente stilistico è quello di prendersela con il sistema elettorale appena approvato, il cosiddetto “Rosatellum”, che è probabilmente la riforma meno riuscita tra le possibili discusse. Ma una legge elettorale non fa vincere o perdere: a quello ci pensano gli italiani con il voto. Nel panorama politico attuale, appare difficile che uno dei poli (o partiti) raggiunga il 40-42%, che è la soglia che garantirebbe un premio di maggioranza implicito nella legge, che consente il controllo di un numero di collegi sufficiente per governare. Sondaggi alla mano potrebbe riuscirci soltanto il centrodestra unito, ma sembra ancora difficile che ci arrivi. Se dopo il giorno delle elezioni le tre forze politiche non avessero i numeri per governare da sole, il presidente della Repubblica deciderà di affidare l’incarico facendo leva su un accordo tra forze politiche diverse.
Questo è risaputo. Ciò che ancora viene poco considerato è che qualunque incarico post elettorale in situazione di stallo, potrebbe essere molto provvisorio, perché l’anno chiave è il 2019. L’unico accordo possibile, per un governo di larghe intese, allo stato attuale, è mettere insieme la maggioranza relativa di centrodestra con il Pd. I 5 stelle non si vogliono coalizzare e, quindi, appaiono fuori gioco. Centrodestra e centrosinistra, invece, hanno governato insieme con Monti. Per la premiership si farà un gioco delle figurine da bruciare: Renzi e Berlusconi si elidono a vicenda, la Boschi e Delrio o saranno le carte di Renzi e allora Berlusconi proporrà Gianni Letta per avere in cambio un Gentiloni bis.
E si andrà avanti per un anno. Perché l’obiettivo vero è il 2019. Ma cosa accadrà nel 2019? Innanzitutto la Brexit: i britannici lasceranno l’Unione Europea ed i mercati tremeranno così come la sterlina. Ma subito dopo ci saranno le elezioni europee, forse le ultime di questa Europa come la conosciamo. L’Ue rischia di affondare tra i populismi e per gli stessi errori di una governance europea che puzza di burocrazia più che profumare di popolo. Con questo terremoto a pagare potrebbe essere un Paese fragile come l’Italia. Per mantenere la barra dritta ci potrebbe essere, quindi, l’operazione Draghi. Mario Draghi, ex governatore di Bankitalia, attuale numero uno della BCE, terminerà proprio nel 2019 il suo mandato europeo. E allora potrebbe essere lui la carta vincente per guidare il governo italiano dal 2019.
Cosa porterebbe Draghi all’Italia? L’esperienza del leader che ha garantito la tenuta dell’euro nella tempesta della crisi, ma anche un tecnico non usurato dalla battaglia politica perenne in Italia.
Piccola postilla: Il nuovo Parlamento Europeo e la nuova Commissione, nel 2020 dovranno dare vita al nuovo treno di fondi europei per il settennio successivo. Forse l’ultima occasione per alcune regioni continentali di raggiungere progresso ed efficienza.
E qui si apre il capitolo Calabria: in autunno 2019 si vota anche qui. Favorito appare il centrodestra di Roberto Occhiuto, ma sullo sfondo si ode già la litania degli sherpa che pregano Nicola Gratteri affinché si candidi come salvatore del centrosinistra in Calabria.
Tutto questo considerato, ecco perché la partita vera dell’Italia, dell’Europa e della Calabria si gioca nel 2019; il voto di primavera, quindi, appare solo un antipasto, o addirittura un’occasione solo per chi cerca un collegio o una sistemazione politica.
Domenico Mammola