Garante Marziale su accoltellamento al liceo: “Conseguenza della nostra abdicazione a educarli con autorevolezza”

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“Che ci faceva con il coltellino a scuola? Dove lo ha preso? È stata la prima volta che lo ha portato a scuola? Con quali intenzioni? Sono domande che la magistratura inquirente dovrà chiarire, ma che devono necessariamente interrogare la coscienza collettiva degli adulti”.

È quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, rispetto agli accadimenti del Liceo “Da Vinci” di Reggio Calabria, dove un quindicenne ha accoltellato un coetaneo.

“Perché ci sfuggono di mano questi ragazzi? È questa la domanda che dovrebbe inquietarci fino a quando non avremo dato risposte ad un dilagare di violenza minorile, le cui radici – a parere del Garante – affondano anche nel perpetuarsi della violenza quale metodo risolutivo di diatribe finanche insignificanti, fino a premiare i vincitori di videogiochi”.

“Colpa della nostra abdicazione – incalza Marziale – e di quella convinzione che i minorenni di oggi siano “più grandi” di quanto non lo siamo stati noi alla loro età, che pervade genitori tanto quanto legislatori, che si spingono a chiedere l’abbassamento della soglia d’età per qualsivoglia aspetto: dalla patente dell’auto al permesso del fucile, per non dire che siamo la nazione con, vergognosamente, l’età del consenso sessuale più bassa in Europa”.

“Il considerarli più maturi dell’età biologica che hanno – evidenzia il sociologo – è utile solo a mettere relativamente a posto la coscienza, ma non corrisponde alla realtà. Nei circa 300mila anni che esistiamo anatomicamente come esseri umani, non abbiamo potuto realmente riscontrare alcuna differenza psicobiologica significativa, dunque, basta con questa giustificazione della sola voglia di deresponsabilizzarci prima possibile”.

Per il Garante, infine: “È l’omesso controllo a generare devianza e criminalità minorile, è l’abdicazione al corretto esercizio della responsabilità genitoriale, è il fare gli amici piuttosto che i genitori o gli educatori, è l’incapacità di dettare le regole anche a costo di sbagliare, è l’eccessivo permessivismo accordato nel tempo. Sono tutte queste cose messe insieme a darci risposta e la soluzione è più che ovvia, quantomeno per drenare la statistica: rimettersi a fare i genitori seriamente e se anche qualche docente ricominciasse ad esercitare l’autorevolezza del ruolo, forse la scuola avrebbe meno ferite da sanare”.

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