Gioventù Controcorrente e Cantiere Laboratorio ricordano Corneliu Zelea Codreanu

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Nella notte tra il 29 e 30 novembre 1938 veniva assassinato il leader rumeno fondatore della “Legione dell’Arcangelo Michele”, Corneliu Zelea Codreanu, una delle più pure e nobili figure dello scorso secolo

Prima che la più grande tragedia della storia, il comunismo, si abbattesse sull’Europa e sulla Romania, ci fu un uomo che incarnò l’anima stessa del popolo ed i valori più nobili insiti in un essere umano. Egli fu uomo spirituale e d’azione.

Corneliu Zelea Codreanu nasce a Jasi ( Romania) il 13 settembre 1899 e viene assassinato nella notte tra il 29 e 30 novembre 1938. Fu fondatore e capo del movimento Nazional-Cristiano “Legione dell’Arcangelo Michele” (24 giugno 1927) e della “Guardia di Ferro” (20 giugno 1930).

Negli anni ‘20 e ‘30 egli fu il protagonista assoluto nella storia della Romania come leader studentesco prima e politico dopo, non prima di aver compreso l’insufficienza di un semplice attivismo senza la formazione spirituale di uomini che devono diventare la futura classe dirigente del Paese. Uomini che devono trarre, da una fede incarnata e vissuta, uno spirito  nuovo per condurre una battaglia culturale e politica attraverso i valori di Dio e Patria. L’Arcangelo Michele sarà il simbolo sotto il quale combattere per la rinascita del popolo rumeno.

Un Movimento originale e unico, quello di Codreanu, che dirà: “Noi eravamo insieme non perché ragionavamo allo stesso modo, bensì perché credevamo allo stesso modo; avevamo tutti, non lo stesso modo di pensare, ma la stessa struttura spirituale, lo stesso comportamento […], credevamo tutti in Dio, non c’erano atei tra di noi […]. Tutti coloro che venivano da noi possedevano due caratteristiche ben chiare: la lealtà dell’anima e il disinteresse personale. Con noi non c’era nulla da guadagnare, nessuna prospettiva rosea. Tutti dovevano solo dare, offrire, rischiare anima, beni, vita, amore e fedeltà. La piccola comunità, chiamata “Cuib”, formava la prima pietra della Legione e della vita legionaria […]. E’ questa la nostra convinzione, non dobbiamo elaborare nuovi programmi, ma formare uomini. Per questo la pietra angolare su cui poggia la Legione è l’uomo e non un programma politico.”

Con questi presupposti, il suo movimento che “più che un partito politico, è una scuola di vita e milizia di sacrificio”, si lancia nell’impegno di dare al popolo di Romania il destino che merita. Aderiscono professori, studenti universitari, ex combattenti, sacerdoti, intellettuali, operai, contadini, borghesi e proletari. In poco tempo, il “Capitano”, come veniva chiamato Codreanu, diventa il nemico principale del corrotto stato liberale rumeno.

I padroni della stampa dapprima tentano di ignorarlo, poi, di fronte alla veloce affermazione del Movimento Legionario, iniziano una campagna di calunnie che anticipa una violenta e costante persecuzione, che non ferma tuttavia la popolarità e l’avanzata del movimento che nel 1937 diventerà il primo partito di Romania. I legionari, unico caso al mondo, avevano costruito “La Casa Verde”, che diventerà il quartier generale della “Guardia di Ferro”, strade, chiese, ponti, dighe, opere pubbliche.

La vittoria politica di Codreanu anticipa la sua fine. L’11 febbraio 1938, con un colpo di stato, Re Carol sospende la costituzione, scioglie i partiti politici ed instaura una dittatura personale. Nomina Ministro degli Interni Calinescu che ordina che i legionari vengano deportati in appositi campi di concentramento. Codreanu, pur potendo scappare all’estero, condivide la sorte dei suoi legionari. Viene arrestato e condannato a 10 anni di lavori forzati, ma anche da dietro le sbarre Codreanu fa paura.

Mandante il Primo Ministro Iorga e su ordine di Calinescu, simulando un tentativo di fuga, durante il trasferimento da un carcere all’altro, la notte tra il 29 e 30 novembre 1938, Codreanu ed altri 13 legionari vengono prima strangolati e poi sparano sui loro corpi i quali verranno gettati in una fossa precedentemente preparata.

I senza patria e i senza Dio, esecutori e mandanti dell’assassinio non avevano messo in conto che si può sopprimere un uomo, si può sterminare un’intera élite dirigente, ma non si può uccidere un simbolo, non si può cancellare la memoria perchè – come diceva Codreanu – “chi combatte per Dio e per il suo popolo non può essere vinto”.

 Una vita, la sua, spesa totalmente per la Patria, per la propria terra, per il suo popolo, una vita intera intensamente vissuta per una fede, costellata di rinunce, che ha conosciuto la fame, l’umiliazione, le percosse, l’infamia, la calunnia e il carcere per quella fede in Cristo nel quale egli vedeva la risurrezione del suo popolo. “Il compito del legionario è quello di vivere perché impari ad essere leale; a combattere perché impari ad essere valoroso e forte; a lavorare perché si abitui ad essere laborioso, a comprendere e rispettare la quotidiana fatica di quelli che lavorano; a soffrire perché divenga duro come l’acciaio; a sacrificarsi perché s’abitui a trascendere la propria individualità a servizio della Stirpe Rumena.”                  

Dirà ancora: “Non basta indossare la camicia verde o eseguire il saluto per diventare legionari […], perché la Legione è uno stile di vita […]. Parla poco, dì ciò che è necessario, quando è necessario. La tua oratoria sia quella dei fatti. Agisci, lascia che parlino gli altri […]. Era scesa la sera, ma la gente mi aspettava per strada con lanterne e fiaccole accese […], viventi di ora e morti di allora eravamo la stessa anima, formavamo la stessa unità del romenismo […]. Nei villaggi, mentre cantavamo o parlavamo alla gente, sentivo di penetrare con le mie parole in quelle profondità dell’anima che i politicanti, coi loro programmi presi a prestito, mai erano riusciti a raggiungere. E’ lì, in quelle profondità, ho piantato le radici del Movimento Legionario, radici che nessuno potrà più strappare”.

Muore, con Corneliu Zelea Codreanu, il sogno di un popolo. Circa 400mila legionari verranno uccisi dal governo liberale prima e dal comunismo dopo; molti moriranno combattendo sul fronte dell’Est; altri periranno nei campi di concentramento nazional-socialisti e comunisti.

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