Una giudice delle indagini preliminari del tribunale di Latina e un suo collaboratore nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, sono stati arrestati dalla guardia di finanza di Perugia in quanto accusati a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Un’altra collaboratrice è stata invece messo agli arresti domiciliari.
Sono Giorgia Castriota, di Cosenza, Silvano Ferraro e Stefania Vitto, entrambi collaboratori nell’ambito di procedure di amministrazione giudiziaria, le persone raggiunte dall’ordinanza cautelare nell’ambito di un’indagine della guardia di finanza di Perugia.
I nomi sono stati resi noti dalla Procura con un comunicato stampa.
Castriota e Ferraro sono risultati destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere, Vitto degli arresti domiciliari.
La Procura ha spiegato di avere ritenuto “opportuno” rendere note le generalità “in deroga alla prassi generalmente seguita dall’Ufficio”.
“Pur consapevole dell’esigenza di dover garantire ai predetti soggetti il diritto costituzionale ad essere considerati non colpevoli fino alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna e ribadendo, quindi, che, allo stato, nei confronti degli stessi sussistono solo gravi indizi di colpevolezza e non certo prove di responsabilità e che, pertanto, gli indagati potranno fornire, a seguito delle contestazioni che verranno fatte, tutti gli elementi a loro difesa, si ritiene, però, che nel caso di specie sussistano (ai sensi del comma 2-bis dell’art. 5 del d.lgs n. 106 del 2006, come modificato dal d.lgs n. 188 del 2021) ragioni di interesse pubblico oltre che alla conoscenza dei fatti oggetto dell’indagine anche all’individuazione di chi siano le persone allo stato raggiunte dagli elementi indiziari” si spiega nel comunicato firmato dal procuratore Raffaele Cantone. “Ciò in quanto – prosegue la nota -, in relazione soprattutto alla particolare delicatezza delle funzioni svolte da una delle persone indicate, bisogna evitare che comportamenti che, allo stato, appaiono riferiti a specifici soggetti, pur connotati da particolare gravità, possano gettare ingiustificato discredito sull’intero contesto lavorativo e professionale”