I gay mi fanno schifo (solo di giorno)

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“Di tutti i giochi umani, quello dell’amore è l’unico che minaccia costantemente di sconvolgere la nostra anima, ed è anche l’unico in cui il giocatore deve abbandonarsi all’estasi del corpo, inchiodato al corpo amato come uno schiavo alla croce” scriveva Marguerite Yourcemar, facendo parlare quell’imperatore Adriano che, stanco dell’apatia della moglie, aveva riscoperto le gioie della vita per mezzo del vigoroso schiavo Antinoo, al punto tale da inserirlo nel pantheon delle divinità romane nel momento in cui la morte prematuramente lo colse.

 Pensieri, parole che potrebbero risultare obsolete e “a-morali” se pronunciate da un capo di Stato odierno, in una società che ti etichetta in base alle preferenze sessuali e non riconosce l’altro come pari, scevro da qualsiasi qualifica imposta dall’opinione pubblica.

Pur tuttavia, il nostro affranto imperatore avrebbe messo ben presto da parte il cordoglio se avesse avuto modo di scegliersi un nuovo partner con un semplice click, come avviene oggi grazie alle chat rooms Grindr, Bender e Gay Romeo, dedicate al mondo lgbt. Non ci credete?

Il passo è molto semplice: si scarica l’app sul proprio smartphone, ci si connette, un sistema gps integrato permette di geolocalizzare facilmente i potenziali partner e voilà si entra a far parte del pittoresco network.

Tutto nella normalità, diremmo. Non proprio. Quello che è normalità a Londra o Milano è straordinarietà a Napoli o Reggio Calabria. Pur essendo il sud storicamente incline a riconoscere la diversità in tutte le sue forme, invece preferisce dare respiro al quel progetto di lobomotizzazione programmata da uno Stato cripto confessionista.

Conscio delle contraddizioni e delle molte ipocrisie presenti in questo angolo d’Europa, ho cercato di capire, con le testimonianze preziose di ragazzi che frequentano questi social, chi sono gli habitué di queste piattaforme. Pur nelle loro diverse storie, Vincenzo ed Andrea, arrivano ad una conclusione: queste chat pullulano di etero ortodossi fuori, ma con una piccola Kylie Minogue sculettante dentro.

La ricerca parte da Vincenzo, ragazzo gay di 25 anni, barba curata, stile glamour-hipster, studente laureando in giurisprudenza presso l’Universidad de Madrid. Usa Grindr molto di rado, solo quando rientra nella sua città natale: Salerno. Non nutre particolare simpatia né per la città in sé né per gli abitanti, che sicuramente non gli hanno risparmiato qualche cattiveria random al momento del suo coming out.

E’ molto schietto e deciso quando dichiara:“ Essere registrato su questa applicazione non mi entusiasma, anzi. A differenza di quanto avviene all’estero, qui è tutto surreale. Su questa app si registrano persone che non hanno il coraggio di fare coming out e che quindi sfogano la loro repressione in qualsiasi modo, o uomini che si definiscono etero ma che nei fatti non lo sono. Tuttavia,è l’unico modo, al mio rientro a Salerno, per avere dei rapporti.”

Il target di richieste degli utenti è molto variabile, come lui stesso dimostra sfogliando le oltre ottanta notifiche  ricevute in un solo giorno: c’è il sobrio,con annesse foto di viso e lunghezza asta, che chiede un semplice rapporto oppure l’Anonymous che,con le sue richieste di pedilingus e pissing, vi invoglia a richiedere un trattamento sanitario obbligatorio d’urgenza.

Dalla Campania alla Calabria la situazione si fa molto  interessante, oltre le più rosee aspettative, grazie al racconto di Andrea, gay ventitreenne, lavoratore stagionale che vive a San Ferdinando, cittadina affacciata sul Mar Tirreno, che conta poco meno cinque mila anime. Lui è utente su Bender, chat app con front simil facebook, dove “ la maggior parte sono persone che vivono nell’anonimato. Mi dispiace per le mogli che da brave massaie preparano la cena per i loro mariti che,nel frattempo, si accordano per qualche servizietto extra coniugale (insomma, detta alla Cicerone, “un buon marito per tutte le mogli, una buona moglie per tutti i mariti”). Ma questo non è nulla rispetto a quello che sto per dirti” ammette con fare divertito, passandomi lo smartphone  e dove riesco a scorgere una conversazione molto spinta. Poi continua: “ Questo ragazzo che scrive, ti farà piacere sapere che è un sacerdote calabrese e non è il solo ad avere avuto rapporti di ‘comunione e liberazione’, diciamo. Io non credo in nulla, sono ateo e pur tuttavia ritengo che le persone debbono essere al corrente di quanta ipocrisia ci sia nella Chiesa, dove tutti vedono, sentono, ma nessuno parla, e poi si arrogano il diritto di farti la lezioncina morale”. 

Tranquillo Andrea, alla buon ora, anche Papa X Factor se ne è accorto, riconoscendo la lobby dei porporati in tacchi a spillo che vagano per le stanze vaticane ed i prelati che del celibato fanno molto spesso a meno, e per i quali intende, almeno a parole trovare delle soluzioni.

Soluzioni che io non ho, ma una delle vie percorribili si. Ritornare a mettere al centro la persona in quanto tale, rifiutare la superiorità dell’opinione pubblica che sempre di più oggi è diventata criterio risolutivo di problemi etici e legittimazione di coloro che si sentono forti di elargire o negare diritti, quasi fossero gentili concessioni. Sarebbe un primo passo per ridare dignità a tutti quelli ai quali è stata tolta, per far capire che i diritti di ogni uomo non possono essere oggetto di negoziazioni né di scelte prese unilateralmente da quei soggetti che, come avrebbe detto brillantemente Anthony Downs, non cercheranno mai di accedere ad una carica  come mezzo per realizzare un’eguaglianza sostanziale.

Se riuscissimo a rispettare Vincenzo, Andrea, Francesco, in quanto uomini con le loro storie, potenzialità, debolezze, forse getteremmo le basi per una società senza paratie, composta da individui diversi da quelli che pontificano esecuzioni sommarie di omosessuali di giorno, ma che ne ricercano i corpi nerboruti o i glitter di notte.

 

 

 

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