Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto presentano una situazione epidemiologica complessa tale da richiedere la prosecuzione delle misure di contenimento. Cosi scriveva il Comitato tecnico scientifico il ventotto Febbraio, in uno dei verbali desecretati dal Consiglio dei Ministri, in merito alla gestione dell’emergenza coronavirus. Quella del ventotto febbraio é una data simbolica poiché risale ad una settimana dall’individuazione del paziente uno di Codogno. Per tale motivo il Comitato tecnico scientifico suggerì al governo delle misure restrittive per le zone succitate, ove si andava diffondendo con maggior celerità il contagio. Il governo, circa dieci giorni dopo assunse il provvedimento di chiusura per la Lombardia e altre quattordici province del Nord Italia. Il Comitato tecnico scientifico suggeriva in particolare la sospensione di tutte le manifestazioni organizzate di carattere non ordinario e di eventi in luogo pubblico e privato, degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina in luoghi pubblici o privati e dei concorsi, la chiusura di scuole e università, il mantenimento dell’obbligo di chiusura per musei e per tutti i luoghi culturali. Quanto alle attività commerciali, il Comitato tecnico scientifico consigliava la soppressione dell’obbligo di chiusura, ma solo a condizione dell’adozione di misure organizzative che consentano la fruizione nel rispetto della distanza di almeno un metro tra le persone. In un altro verbale del primo di marzo, il Comitato tecnico scientifico asseriva di evitare per tutta la durata dell’emergenza strette di mano ed abbracci nei rapporti interpersonali. Nel verbale del sette marzo, gli esperti del Comitato tecnico scientifico proposero chiusure differenziate, ma due giorni dopo arrivò la chiusura nazionale. Il Comitato tecnico scientifico, sempre nel verbale del sette marzo, individuava le zone cui applicare le misure di contenimento della diffusione del coronavirus più rigorose rispetto a quelle da applicarsi all’intero territorio nazionale, nelle seguenti zone: regione Lombardia, e province di Parma, Piacenza, Rimini, Reggio Emilia e Modena; Pesaro e Urbino; Venezia, Padova e Treviso, Alessandria e Asti. Ergo l’indicazione era di misure differenziate per territori. Il nove marzo viene invece annunciata la chiusura totale dell’Italia. In totale sono cinque i verbali desecretati di oltre duecento pagine, pubblicate sul sito della Fondazione Luigi Einaudi, mancano pertanto i verbali dei successivi diciotto consessi. Con la chiusura dell’Italia resasi necessaria per arginare l’emergenza Coronavirus, sono andati perduti circa cento miliardi di euro di Pil. Nei presenti verbali, nello specifico in quello risalente al ventotto febbraio, si evince un ritardo di circa dieci giorni nella chiusura della Lombardia e delle annesse quattordici province. Ritardo che a posteriori si è rivelato essere fatale. Senza lo stesso infatti, si sarebbero potute evitare molteplici vittime. Ancora tuttavia mancano e sono avvolti nel mistero i rimanenti verbali dei successivi diciotto consessi del Comitato tecnico scientifico. La vicenda é tutt’altro che chiusa. E le polemiche soprattutto delle opposizioni imperano, le quali chiedono a gran voce la desecretazione degli altri verbali per far luce toto caelo sulle vicissitudini concernenti la gestione dell’emergenza.
Francesco Grossi.