I numeri sono impressionanti, quasi da tragedia. Da un’indagine condotta dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Garante Nazionale delle persone private della libertà personale sul contagio Covid-19 presso le residenze sanitarie assistenziali, attraverso un questionario al quale hanno risposto 1356 strutture pari al 41,3% di quelle contattate, emerge che su 9154 soggetti deceduti circa 680 erano risultati positivi al Covid-19 e 3.092 avevano presentato sintomi simil-influenzali pari a circa il 41,2%, con il 7,4% dei decessi con infezione da Covid-19 e il 33,8% con sintomi simil-influenzali a cui non é stato effettuato il tampone. Il picco del tasso di mortalità é stato riscontrato nel periodo che va dal 16 al 31 Marzo. Il tasso di mortalità dei residenti é di circa il 3,1%, mentre in Lombardia s’incrementa al 6,5%. Al di là dei numeri inequivocabili che evidenziano in maniera lapalissiana il fatto che la gestione dell’emergenza presso le Rsa sia stata gestita in maniera inidonea, emerge come soprattutto in Lombardia ci siano stati degli irrefutabili errori per quanto concerne la gestione della stessa presso le Residenze. Un coacervo di vite é stato stroncato da una gestione politica tutt’altro che irreprensibile. Tante morti potevano infatti, essere scongiurate attraverso una congrua prevenzione e l’attuazione ad litteram dei protocolli. Occorreva proteggere nell’acme dell’emergenza, le vite dei più deboli e della fascia più esposta: gli anziani. Prestare più attenzione ai bisogni degli stessi. Nella presente rubrica nei giorni precedenti abbiamo documentato come molteplici famiglie, abbiano presentato presso la procura di Bergamo esposti ed annesse denunce contro ignoti per le morti del Covid-19. In attesa della conclusione della fase preliminare dell’inchiesta ed eventuali ipotesi di reato, occorre dire che vi fu ritardo nell’istituzione della zona rossa a Nembro ed Alzano. Un ritardo di circa quindici giorni che avrebbe evitato tante morti, coi famigliari che ora gridano a gran voce vendetta. Di chi é la colpa? Ai posteri l’ardua sentenza.
Francesco Grossi