Ieri notte s’é consunto ufficialmente, anche se ufficiosamente lo era già da tempo, il “somnium generationis”, ovverosia il sogno di ogni generazione e ragazzino, quello di far parte del mondo del calcio giocato inteso come simbolo di uguaglianza e compitezza.
Con la formazione della nuova SuperLega, infatti termina quel senso intrinseco e romantico del calcio quale movimento di inclusione e pariteticità. Con la nascita della suddetta lega, un’oligarchia diviene “dominus” dell’intero mondo calcistico. E come lo fa? Con l’alterigia del potere e della pleonexia, come i filosofici greci dicevano un tempo, allorquando non vi era il senso del giusto limite e della moderatezza. E chi vi sarà al comando della medesima? Chi il potere del danaro lo ha insito e ascritto nel proprio nome e nella sua propria discendenza. Non che vi sia nelle succitate parole l’intento e lo sprezzo della ricchezza in senso lato e ampio, quanto piuttosto la critica di un mondo che oramai nel danaro conosce la sola e unica ragione con la quale muovere i fili dello stesso. Quanto mancano le antiche filosofie che occorrerebbe sempre rileggere e tenere ben a mente, ove si disquisiva circa la cecità a cui le ricchezze possono condurre. Il danaro è senz’altro uno dei mezzi coi quali si vive, tuttavia non bisognerebbe abusarne. Invece nei nostri tempi spesso lo si fa, non curandosi delle conseguenze. Questo è quello che sta accadendo nel mondo del calcio. Uccidere uno sport e i propri principi per i guadagni. Anziché dare l’esempio in un periodo di crisi post-pandemica, cosa (non) si fa per accrescere i proventi? Ebbene si corre ai ripari. Come? Anticipando uno scellerato progetto di nicchia che esclude le piccole realtà. Il calcio non è la pallacanestro. C’é l’esigenza e il dovere di tutelare le piccole realtà e le romantiche storie. Da raccontare ai posteri, vedasi il caso Atalanta. E, invece Davide sembra dover esser debellato da Golia, ma per fortuna non sempre è così, Atalanta docet.
Francesco Grossi