Riceviamo e pubblichiamo
Continua la parabola discendente del Porto di Gioia Tauro: errori politici e pratiche clientelari hanno fatto sì che il sogno di sviluppo economico e sociale derivante dall’introito di uno dei più grandi porti europei continuasse a restare tale; un sogno per l’appunto. Come al solito, in Calabria qualsiasi dovizia viene depauperata in modo autolesionisti o, freddando qualsiasi possibilità di crescita e sviluppo sostanziale.
Certamente l’Italia non si è mostrata grande alleata della terra calabrese, la quale invero necessità di misure straordinarie che non si delineino meramente attraverso finanziamenti economici (assistenzialistici o meno che siano). Il contesto richiede infatti una premura che ri-categorizzi la Calabria come terra di sviluppo e non più come ultima ruota del carro. I vari governi succedutisi non hanno mai scommesso realmente sulla Calabria, tant’è che fino ad ora l’unica vera azione politica calabrese è stata quella del “tirare a campare”.
Senza una visione acuta dell’avvenire e senza una programmazione sostenibile e lungimirante la politica calabrese finirà col compiere ahimè sempre i medesimi errori. Non vi è purtroppo una presa di posizione forte che implichi una pianificazione di un certo tenore. Manca dunque una visione d’insieme, qui dove spesso si gareggia esclusivamente per ostacolare l’altro. E’ invece la cooperazione a mettere le redini per lo sviluppo economico e sociale tout court, cioè dunque attraverso la comune costruzione di un benessere (anche) partecipativo.
Il Porto di Gioia Tauro è una di quelle perle infrastrutturali che fanno capo alla Calabria e che viene lasciato oggi in uno stato di incuria, con capannoni spesso vuoti e operatività a basso regime. Certo è che forse altri porti del Nord Italia soffrano una certa invidia e dunque osteggino il governo perorando una redistribuzione a senso unico delle risorse, ma il rapporto di discrasia tra il gruppo Contiship e MSC, nonché la mancanza di un presidente di autorithy, non fanno altro che peggiorare la situazione. Se a questo aggiungiamo che la Regione continua a rimanere nell’ombra e che non goda di alcuna autorevolezza nazionale, allora capiamo benissimo che la situazione comincia a diventare ponderosa.
Dobbiamo ricordare altresì che il Porto di Gioia Tauro, oltre che a soffrire di rivalità interna, dovrebbe anche gestire in modo più opportuno la concorrenza di Grecia, Malta ed Egitto, aprendosi magari a nuove possibilità logistiche.
Tuttavia la continua mano della criminalità organizzata non fa altro che appassire le già flebili energie del porto e soprattutto gli effimeri proclami di Toninelli, nonché l’assenza del ministro Salvini, continuano ad incidere in modo negativo su tutta la questione. La Calabria non ha bisogno solo di finanziamenti, ma ha bisogno di una mano forte, una maggiore collaborazione delle forze armate e della magistratura, -soprattutto in punti salienti come questo di Gioia Tauro – di una supervisione straordinaria della politica nazionale e di una maggiore diligenza degli amministratori local