Infezioni in viaggio: tutti i consigli per una vacanza sicura

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Malaria, Febbre gialla, Dengue, Chikungunya, Zika: quali sono i rischi in Europa, in Africa e nelle Americhe. E quali le possibilità di contagio in Italia? Le risposte di Francesco Castelli, membro SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali

I RISCHI IN ASIA, AMERICA E AFRICA – Le principali virosi trasmesse dalle zanzare del genere Aedes (dengue, chikungunya, Zika virus) sono diffuse nelle aree tropicali e subtropicali di Asia, Africa e Americhe. La malaria, patologia parassitaria trasmessa dalle zanzare del genere Anopheles, è estesamente presente in Africa, in Asia e in alcune aree delle Americhe. Tali patologie, rappresentano un rischio per i viaggiatori che intendano recarsi in zona endemica. Inoltre, dal 2017 centinaia di casi di febbre gialla, presente in Africa e America Latina, sono stati riportati in aree densamente popolate del Brasile (San Paolo, Rio de Janeiro e Minas Gerais), cinque casi di importazione confermati e uno sospetto  sono stati segnalati in Europa in viaggiatori europei non vaccinati, di cui uno con esito fatale (ECDC 2018). 

 

I RISCHI IN EUROPA – In Europa, tali patologie sono in massima parte rappresentate da casi importati di dengue, chikungunya e Zika da area endemica; solo sporadicamente sono stati segnalati casi autoctoni, trasmessi da vettori locali. In Italia, negli ultimi anni si sono verificati due outbreak con più di 200 casi di chikungunya da trasmissione autoctona: nel 2007 nella zona di Ravenna/Cervia e nel 2017 nell’area di Anzio e Roma. Il rischio di trasmissione autoctona di queste patologie è legato alla coesistenza di due principali fattori: la presenza di soggetti infetti (viremici nel caso delle arbovirosi) e la circolazione di vettori competenti.

 

PREVENZIONE E PROFILASSI PER ARBOVIROSI E FEBBRE GIALLA – Esistono efficaci misure di prevenzione per i soggetti che intendano recarsi in area endemica. “Per quanto riguarda le arbovirosi (parliamo di Dengue, Chikungunya, Zika virus) – spiega il Prof. Francesco Castelli, Clinica di Malattie Infettive e Tropicali della Università di Brescia e membro della SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – si tratta principalmente di entomoprofilassi, ovvero misure comportamentali atte ad evitare il contatto con il vettore. Tra queste, l’impiego di barriere chimiche (repellenti, insetticidi), meccaniche (reti o zanzariere) e l’utilizzo di indumenti coprenti specialmente nelle ore di massima attività del vettore. Per quanto concerne il rischio di febbre gialla, è inoltre disponibile il vaccino vivo attenuato, da effettuare almeno dieci giorni prima dell’arrivo in area endemica e obbligatorio per l’ingresso in alcun Paesi”.

 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda la vaccinazione per i viaggiatori diretti nelle aree endemiche di Africa e America Latina, con particolare riferimento alle aree colpite dall’epidemia attualmente in corso in Brasile. Alcuni Paesi asiatici, pur non endemici per febbre gialla, potrebbero richiedere il vaccino se il viaggio prevede soste in aree endemiche. Il vaccino può essere eseguito presso i centri di vaccinazione internazionale in singola dose, senza necessità di richiami. 

 

PREVENZIONE E PROFILASSI PER MALARIA – In caso di soggiorno in area a rischio per malaria, in particolare dove fosse presente la forma più severa causata da P. falciparum (malaria terzana maligna), oltre alle succitate misure di profilassi comportamentale, sono raccomandate misure di profilassi farmacologica (chemioprofilassi), con l’impiego di principi attivi quali meflochina, atovaquone-proguanil e doxiciclina, ciascuno secondo uno specifico schema posologico. 

 

“L’utilizzo della associazione atovaquone-proguanil, principio attivo con ottima efficacia e tollerabilità, può tuttavia talora rappresentare una barriera economica soprattutto per le famiglie numerose – precisa il Prof. Castelli – in caso di lunghi periodi di soggiorno e nella popolazione migrante che rientri temporaneamente nel proprio paese di origine. Inoltre, nella consapevolezza che nessuna misura di profilassi può escludere in modo assoluto il rischio di infezione, si raccomanda ai viaggiatori che presentino sindromi febbrili dopo soggiorno in area endemica di rivolgersi tempestivamente al medico.  Spesso, il principale ostacolo all’adozione di adeguate misure di profilassi è la mancata percezione del rischio. Per tale ragione, sarebbe auspicabile una maggiore sensibilizzazione su questo tema dei viaggiatori stessi, ma anche degli operatori di settore e dei medici di famiglia. “

 

I RISCHI IN ITALIA – Allo stato attuale le evidenze dell’esistenza sul territorio italiano di vettori competenti alla trasmissione autoctona sono piuttosto limitate. In Italia, è documentata la presenza di Aedes albopictus e Anopheles labranchiae. La “zanzara tigre” (A. albopictus), rilevata in Europa dagli anni Settanta e per la prima volta in Italia nel 1990, è stata identificata come vettore delle passate epidemie di chikungunya nel nostro Paese e di sporadici casi di dengue in altri paesi Europei. “La presenza stabile del vettore e le condizioni climatiche nel nostro Paese – continua il prof. Castelli – potrebbe comportare il ripetersi di casi autoctoni qualora si verificasse la presenza di portatori paucisintomatici del virus di rientro dai Paesi endemici.  Recentemente inoltre, alcuni studi hanno mostrato una parziale competenza di questo vettore per la trasmissione di Zika virus, sebbene non siano mai stati segnalati casi autoctoni in Europa trasmessi dalla zanzara, ma piuttosto trasmessi per via sessuale. Aedes aegypti, il principale vettore di dengue, chikungunya e Zika virus, non è mai stato rilevato in Europa, se non sulle coste orientali del Mar Nero”.

 

L’eradicazione della malaria in Europa è stata dichiarata nel 1975 (nel 1970 in Italia), persiste tuttavia la presenza di alcuni vettori potenzialmente competenti, in particolare le Anopheles del complesso maculipennis come A. labranchiae nel bacino Mediterraneo. “In Italia la diffusione di tale vettore è limitata e documentata solo in ristrette aree paludose e nelle zone agricole – conclude il Prof. Castelli – in particolare nella maremma grossetana. A. labranchiae è un vettore competente per la trasmissione di Plasmodium vivax e Plasmodium malariae ma non ci sono al momento consistenti evidenze che possa trasmettere Plasmodium falciparum, agente eziologico delle forme più severe di malaria. I sospetti casi di malaria da Plasmodium faciparum segnalati lo scorso autunno in Puglia in migranti irregolari sono probabilmente infatti da ricondurre a viaggi in aree endemiche non riportati dai pazienti per motivazioni legali. Sebbene al momento non sussista un elevato rischio di stabile introduzione di arbovirosi e malaria in Italia, in considerazione dell’elevata mobilità di beni e persone a livello globale, e dei cambiamenti climatici in corso, risulta di fondamentale importanza il mantenimento di un adeguato sistema di sorveglianza e monitoraggio dei potenziali vettori presenti sul territorio.”

SIMIT(Società italiana malattie infettiv) 

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