Tsunami Cinquestelle al Sud (e non solo), ma il reggino premia, ancora, il Centrodestra. La Provincia di Reggio Calabria è ormai un puntino blu nella magmatica galassia gialla del Movimento. In Calabria i grillini hanno fatto incetta di collegi, ma gli è sfuggita quella piccola enclave conservatrice del basso Tirreno. La tirannide di Di Maio, solo affievolita dalla tenuta di Forza Italia e dall’exploit della Lega, ha forse fatto passare in secondo piano lo psicodramma del centrosinistra calabrese. Ebbene, il Pd, padrone alla Regione, si è sgonfiato ed è stato pesantemente sconfitto in tutti i collegi, dal nord al sud della Calabria. I cittadini italiani hanno bocciato clamorosamente l’operato di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, ma soprattutto al sud hanno ribadito la voglia di offrire una chance ai Cinquestelle.
Passando ai numeri, e alle storie politiche del reggino, vi sono sorprese e dati incontrovertibili. Con il nuovo sistema di voto, sulla scheda elettorale ciascun avente diritto ha potuto leggere i nomi dei candidati. E, di fatto, ha potuto scegliere, sebbene non in maniera compiuta e totale, il partito o il candidato preferito. Nel collegio numero 7 di Gioia Tauro (che comprendeva Piana e Locride) la partita dell’uninominale per la Camera dei Deputati recitava lotta a tre: il pentastellato Giuseppe Antonio Germanò, il consigliere regionale di centrodestra Francesco Cannizzaro, e l’ex sindaca di Rosarno Elisabetta Tripodi. In realtà la contesa vera è stata a due, tra Cannizzaro e Germanò, ed il primo ha realizzato l’impresa di strappare uno dei tre collegi meridionali non grillini. Cannizzaro ha vinto con il 42,37% dei voti, lasciando Germanò al 34,12%, mentre la Tripodi è rimasta a distanza siderale – come è accaduto ai progressisti in altri collegi – fermandosi solo al 14,54%, il terzo peggior risultato calabrese dei democrat tra Camera e Senato.
Nella Piana la battaglia è stata serrata, con altalene e oscillazioni che hanno fatto saltare le coronarie a Cannizzaro. Il consigliere regionale è sempre stato conscio della sua forza, magari soppesando al ribasso il Movimento, o non ritenendo la Tripodi una minaccia concreta, forse anche perché l’ex sindaca è stata candidata sul filo di lana, dopo il siluramento del renziano Marco Schirripa, enfant prodige della Locride. Cannizzaro, in effetti, ha rottamato il centrosinistra, ma ha rischiato di farsi rimontare dall’onda grillina. Le chiavi del successo del candidato azzurro si chiamano Rosarno e Gioia Tauro. Nella città del porto si è messo in tasca il 51,66% di voti, ed ha potuto giovarsi dell’apporto di Giuseppe Pedà, ex sindaco gioiese, che con la partenza di Cannizzaro verso Montecitorio lo sostituirà in seno al consiglio regionale. Ma la partita più significativa si è giocata a Rosarno. Per più di un motivo. Cannizzaro ha fatto saltare il banco, le polemiche interne ed ha incenerito il Pd. Il suo centrodestra si è preso oltre il 59% dei voti, una cifra monstre nella città in cui la sua avversaria Elisabetta Tripodi è stata sindaca dal 2010 al 2015. Questo successo ha alcuni alfieri, tra cui Giovanni Arruzzolo, consigliere regionale, che lo ha sostenuto fin dall’inizio senza polemizzare per la mancata candidatura del reggino Alessandro Nicolò che ha fatto infuriare tanti azzurri medmei. Il Pd rosarnese, dal canto suo, ha raggranellato appena il 6,38% ed è stato beffato anche dai 5 stelle, che si sono portati a casa il 27,16%, e addirittura è scivolato al quarto posto, visto che il leghista Enzo Gioffrè, candidato nel plurinominale, ha fatto registrare il 13,81% delle preferenze per il carroccio, aiutato anche da nuovi innesti salviniani in seno al consiglio comunale. La Tripodi, nella sua città, in totale si è fermata al 9,22%.
I Cinquestelle hanno vinto, con ampio vantaggio, le roccaforti progressiste di Cittanova e Polistena, città di Fabio Auddino neosenatore dei grillini. I pentastellati strappano, di misura, anche Cinquefrondi e Palmi, città di origine di Germanò, impegnato nell’uninominale.
Al Senato copione simile, ma con candidati diversi. Nel maxi collegio reggino, il candidato del centrosinistra Ottavio Amaro – sindaco eletto e confermato a Melicucco dal 1993 al 2001- ha subito la concorrenza di Bruno Azzerboni dei 5Stelle e Marco Siclari del centrodestra. Proprio il forzista ha vinto con il 39,60% su Azzerboni al 35,48%, mentre ad Amaro è andato il 16,64%. L’andazzo è stato pressoché uguale su tutto il collegio, eccetto nella Melicucco di Amaro, dove il candidato di casa ha raggiunto gli altri avversari, con un arrivo in volata con tutti e tre poco sopra il 30%.
Melicucco e San Ferdinando presentano alcune curiosità. Nella prima città è pesato il “fattore Amaro” al Senato, visto che lì alla Camera il centrosinistra della Tripodi ha dimezzato le percentuali. I sanferdinandesi, invece, hanno scelto un vincitore per la Camera e uno diverso al Senato: nella competizione per Montecitorio il centrodestra ha chiuso in vantaggio, mentre per Palazzo Madama i grillini hanno vinto di pochissimo sui berlusconiani.
Ultimo dato politico/sociale sul quale riflettere è che a Rosarno e San Ferdinando, sedi della tendopoli e del campo migranti, la Lega ha fatto registrare cifre superiori al 10%, quindi record, sintomo che gli annunci sui migranti di Salvini hanno lasciato il segno.
Ora che i collegi sono stati scrutinati, le percentuali filtrate e analizzate, tocca ai partiti produrre una autentica analisi del voto. I meetup grillini possono esultare, la Lega è destinata all’espansione territoriale, Forza Italia dovrà stabilire gli equilibri interni in vista delle regionali prossime. Il cerino, tuttavia, resta in mano al Pd, che sembra in crisi di risultati, di identità e di una idea chiara di come governare il territorio. Tra sezioni vuote, urne ancora più vacanti, e congressi in stand by da troppo tempo, c’è da giurare che inizieranno i processi contro gli autori pianigiani, provinciali e regionali, di uno sfacelo senza appello.
Domenico Mammola