Marco Tullio Giordana: «Lea non è una vittima, ma una combattente contro la ‘ndrangheta»

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«Lea Garofalo, non mi stancherò mai di ripeterlo, non è una vittima della ‘ndrangheta, ma una combattente per la verità. Una donna che ha dimostrato, proprio come il Lawrence d’Arabia di una pellicola storica, che non tutto è stato scritto. Che tutto si può cambiare, se si vuole». Non ha dubbi Marco Tullio Giordana, il regista che ha restituito, con il film “Lea”, la storia di un destino non immutabile, il coraggio di una donna che ha immaginato per la figlia Denise un futuro diverso dal suo, e per questa ragione ha scelto di dare la propria vita per riscrivere il destino, per non rimanere – e non far rimanere la figlia «accovacciata in una cultura mafiosa che è pericolosa tanto quanto chi appartiene alla criminalità organizzata».

Si è aperto stamattina, con la prima tappa al Cinema Gentile di Cittanova (Rc), l’evento “il coraggio oltre la narrazione – la storia di Lea, le storie di chi non si arrende”, organizzato da Sabbiarossa Edizioni e Reggio Cinema e reso possibile dall’attore Alessio Praticò, che ha fortemente voluto portare in Calabria il regista Giordana.
Una sala gremita dagli studenti degli istituti della Piana di Gioia Tauro, i saluti istituzionali e commossi del sindaco di Cittanova Francesco Cosentino, del presidente di Reggio Cinema Carlo de Gori, del vicepresidente del Consiglio regionale Francesco D’Agostino, che hanno raccontato agli studenti come l’altra pellicola di Giordana dedicata a una vittima innocente delle mafie, “I cento passi” sia stato un regalo, un orizzonte di formazione “civica e sociale”, e la conseguente gratitudine nel poter rivivere le stesse emozioni forti, nel perpetrare la stessa memoria “urgente” di chi, come Peppino Impastato allora, Lea Garofalo oggi, ci ha indicato la strada. L’unica possibile, come è stato unanimemente rappresentato dal dibattito successivo alla proiezione del film. Oltre al regista e all’attore, incalzati da Paola Bottero, si sono alternati Deborah Cartisano, referente di Libera Locride, don Pino Demasi, referente di Libera Piana e il giornalista Michele Albanese. Il coraggio di Lea si chiama Denise, il coraggio di Denise «condannata a un ergastolo simmetrico a quello del padre, costretta a vivere in località protetta e con altra identità» si chiama Lea. Tanti gli stimoli venuti dalla platea. Tante le domande, tante le riflessioni, tante le citazioni. Come quella di Oscar Wilde, secondo il quale siamo nati tutti nel fango, ma qualcuno guarda le nuvole: «Lea rappresenta la Calabria del guardare il cielo», “la meglio Calabria”. Un dibattito continuo, quello di stamattina, intenso e capace di rincuorare, dimostrando come insieme si possa cercare e trovare la strada giusta, quella di una nuova narrazione della nostra terra. Una Calabria in cui essere finalmente liberi e capaci di scegliere da che parte stare.
La mattinata si è conclusa con una testimonianza inaspettata, di una ragazzo che ha raccontato, per la prima volta a se stesso e ai suoi compagni, una storia tristemente attigua a quella di Lea, per la perdita violenta di un familiare. Emozioni che si sommano, storie che si raccontano e che vengono allo scoperto. La cultura, la buona narrazione cinematografica può fare questo, indicando un percorso comune e trovando la forza di iniziare a camminare verso nuovi orizzonti.
Il pomeriggio prosegue a Vibo, all’auditorium del Sistema Bibliotecario. Domani sarà la volta di Reggio e Scilla, sabato di Cosenza, come da programma.

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