Un gruppo di docenti delle scuole paritarie, che si fa portavoce del malcontento di migliaia di colleghi, ha denunciato l’azione antidemocratica e il danno alla loro carriera lavorativa e alle loro famiglie. Gli insegnanti infatti, sono stati discriminati negli ultimi bandi e sono stati esclusi dalla partecipazione al concorso straordinario ai fini del ruolo. È stata applicata una soluzione che danneggia tanti insegnanti che fino ad ora erano sempre stati considerati allo stesso livello dei colleghi con servizio nelle scuole statali. L’art. 2 d.l. 255/2001, convertito in legge 333/2001, e la legge del 10 marzo 2000,n. 62 sancisce l’uguaglianza dei due percorsi. Inoltre c’è da sottolineare che l’ultima possibilità che è stata data loro per abilitarsi, risale al lontano 2015 con l’ultimo Tfa per Cdc bandito, quindi coloro che non hanno potuto parteciparvi, perché non ancora laureati, o ancora chi ci ha provato ma non ha superato tutte le prove, non ha avuto più la possibilità di ottenere l’abilitazione, poiché non è stato indetto più nessun percorso abilitante su materia. Ormai sono 5 anni che i docenti della scuola paritaria o con servizio misto aspettano una possibilità per arrivare al ruolo che purtroppo gli viene negato.
Di seguito la lettera firmata da un gruppo di docenti
Siamo stati studenti,
Abbiamo conseguito la nostra laurea negli stessi atenei di tutti, davanti al mondo dell’insegnamento alcuni di noi, a causa delle graduatorie sature che spesso vi sono al centro-sud, hanno accettato di fare percorsi di insegnamento in istituti paritari riconosciuti dallo stato come equivalenti a quelli statali.
Alcuni di noi hanno conseguito servizio misto, insegnando alcuni anni nella scuola statale e alcuni nella scuola paritaria, consapevoli che potessimo partecipare ai concorsi, ma, all’improvviso, una nuova clausola nei decreti del Miur “il servizio nelle paritarie non è riconosciuto ai fini del concorso straordinario”, e non, attenzione, “a partire da quest’anno, coloro che accumuleranno punteggio nella paritaria non potranno partecipare ai concorsi straordinari”, ovvero, la condizione imposta dal Ministero aveva effetto retroattivo.
È ovvio che molti di noi si sarebbero trasferiti anche con tutta la famiglia al nord, unica isola eletta per insegnare, qualora lo avessimo saputo in precedenza. Viene quindi sottolineata l’esistenza di due Italie, una in cui i docenti hanno sicuramente accumulato servizio nella statale e un’altra in cui i docenti, figli di un Dio minore, cittadini di una patria di serie B, costretti ad accettare secoli di compromessi, vengono emarginati ad un possibile ma non sicuro, o comunque non immediato, concorso abilitante.
Noi non siamo cittadini di serie B, e sapete, in Europa anche il servizio nelle scuole private deve per legge essere convertito dopo tre anni in servizio a tempo indeterminato.
Gli ultimi bagliori di parità di diritti li avevamo visti con il governo Gentiloni che prevedeva un percorso Fit organizzato per gradi, di cui hanno beneficiato solo gli abilitati. Successivamente noi docenti delle paritarie, docenti presso istituti religiosi che hanno lo stesso prestigio degli istituti statali, e presso i quali molto dei vostri figli vengono formati, all’improvviso siamo diventati scomodi.
Premesso questo, in virtù di una legge del 2001, l’art. 2 d.l. 255/2001, convertito in legge 333/2001, e la legge del 10 marzo 2000,n. 62 che sancisce l’uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, chiediamo e pretendiamo che vengano riconosciuti i nostri sacrifici. Vogliamo quindi partecipare al concorso straordinario o comunque essere messi sullo stesso piano di chi ha tre anni di servizio nella scuola statale, considerato che noi arriviamo ad averne anche cinque, sette, o quasi tre nella statale, o di essere assunti eventualmente anche dalle graduatorie d’istituto.
Siamo migliaia e non ci riconosciamo in un governo che ci discrimina , la legge è uguale per tutti. Appellandoci quindi al vostro senso di giustizia, chiediamo di partecipare al concorso straordinario ai fini dell’immissione in ruolo, chiediamo che venga riconosciuto il nostro valore professionale, perché non siamo una categoria a parte, e siamo diverse migliaia. Siamo gli stessi che educano i vostri figli, figli i della nostra madre Italia.
Giuseppina Elisabetta Pedone(Sicilia), Caterina D’Abronzo (Campania), Giuseppe Nesci e Danilo La Spina (Calabria), e altri quindicimila docenti…